POLITICA
Il popolo sovrano ha premiato in quasi tutta Europa il vento nazionale sovranista
Ha fatto bene Giorgia Meloni a votare contro Ursula Von der Leyen
Il popolo sovrano ha premiato in quasi tutta Europa il vento nazionale sovranista. Ha fatto bene Giorgia Meloni a votare contro Ursula Von der Leyen, perché così ha rispettato il mandato ricevuto dai suoi elettori e mantenuto la coerenza delle cose dette a coloro i quali l’hanno mandata al governo.
Ursula che si è venduta ai verdi e che ha deciso di non ascoltare il popolo e tirare dritto, ha complicato anche le trattative di Bruxelles e le stesse nomine dei commissari.
Nessun errore è stato fatto a mettersi contro l’Europa dei tecnocrati che pretendevano che tutto il centrosinistra-verdi, destra conservatori e liberali, votassero compatti per la signora uscente lasciando all’opposizione gli sgraditi, cioè i cosiddetti estremisti sovranisti e nazionalisti, insomma i fascio-nazisti.
Non si poteva far finta che niente era cambiato nelle urne, soprattutto ora che è franato l’asse Franco Tedesco su cui per anni ha retto il consorzio europeo.
L’insostenibile incompetenza e frivolezza politica dimostrata da Ursula e di chi l’ha votata, ha creduto in un’Europa che fosse più forte grazie alle politiche Green con una rivoluzione ecologica, e non si è resa conto dei danni che presto causerà all’industria ed altri settori.
Se l’Europa è un’Unione che doveva mettere insieme gli stati nazionali, non poteva escludere un suo socio fondatore come l’Italia dal governo europeo, solo perché a guidarla c’è una forza di destra rispetto al centro-sinistra che comanda nell’Unione Europea.
Ursula anziché arroccarsi nella sua maggioranza popolare socialista liberale tendente a sinistra, avrebbe dovuto tentare la strada opposta, e cioè quella di allargare il più possibile la sua maggioranza coinvolgendo più forze per legittimare e rafforzare il suo governo europeo, per non arrivare a un muro contro muro politico-ideologico tra maggioranza e opposizione.
Non si trattava quindi di convogliare i partiti antagonisti in una stessa coalizione, ma la necessità di tener conto degli Stati nazionali e dei governi legittimamente in carica come espressione del voto popolare ricevuto, in una Europa che doveva aveva il dovere di legittimare la propria sopravvivenza e stabilità per neutralizzare le differenze politiche sociali e culturali e costruire governi di cittadinanza in ciascun Paese ed assegnare loro un ruolo proporzionato all’importanza storica demografica sociale ed economica internazionale.
Dell’Italia come socio fondatore, pur avendo posizioni politiche divergenti, non si poteva non tenerne conto di un Paese che è tra i più importanti dell’Ue non solo economico, dopo Francia e Germania. Ma il mondo non finisce a Bruxelles, esiste anche uno scenario internazionale dove i singoli Stati possono assumere inclinazioni diverse rispetto a quelle dell’Ue.
Va bene così, anche se il cambio di una eventuale alleanza e la sostituzione dell’ala sinistra verde, e spostare il baricentro politico con l’ala destra dei conservatori, sarebbe stato importante, non sarebbe stata condivisibile questa alleanza, in quanto il problema oggi non sono i verdi ma il blocco di potere dell’Europa.
L’Italia non avrebbe mai accettato di essere un ingrediente minore, non rilevante e votare senza una correzione di linea. Tutto questo conveniva forse più all’Europa bellicosa al traino di Zelensky che a Giorgia Meloni e alla destra.
Oggi, alla luce dei fatti, invece è possibile negoziare di volta in volta come fanno le opposizioni che contano, le singole scelte fatte dalla commissione europea e degli altri organi istituzionali.
Giovanni Lonetti , coordinatore Fondazione Fare Futuro Senise