POLITICA

La relazione del presidente Bardi in Consiglio Regionale

Il commissario per l’emergenza idrica relazione sulla crisi e spiega i vari passaggi che riguardano il difficile momento legato alla carenza di acqua. Dalla soluzione Basento agli interventi programmati o già in esecuzione finalizzati a evitare che la situazione si ripresenti in futuro.

Egregi Consiglieri, il confronto di oggi sulla crisi idrica mi consente di dare ulteriori aggiornamenti sul lavoro in corso.

Un lavoro quotidiano che vede impegnati tutti i soggetti preposti, con distinte e complementari competenze, e che ha allargato il proprio raggio di apporti e contributi con il coinvolgimento di esperti dell’Università di Basilicata e dell’Istituto superiore di sanità, nelle persone rispettivamente del prof. Masi e del dr. Lucentini.

Come in tutte le emergenze, infatti, quando si determinano condizioni straordinarie, ulteriori apporti rispetto a quelli già qualificati e disponibili nelle strutture regionali e negli enti preposti, diventano importanti per acquisire esperienze, valutazioni, indirizzi, che possano concorrere ad affrontare meglio l’eccezionalità del momento.

Questa mobilitazione risponde anche all’esigenza di trasferire alla comunità lucana che tutto quanto è doveroso fare in tali circostanze lo si sta facendo.

L’emergenza, infatti, non è affatto finita, sino a quando avremo risorse idriche limitate non potremo dirci fuori dall’emergenza.

Siamo partecipi e consapevoli dei gravi disagi a cui è sottoposta la popolazione e avvertiamo tutta la responsabilità nel mitigare le conseguenze di questo stato di crisi e rispondere, sebbene nei limiti delle possibilità attuali e che lo stato di emergenza rende possibile, alle diverse esigenze delle famiglie, delle imprese, del mondo agricolo.

L’appello alle responsabilità nell’uso della risorsa va dunque rinnovato e stiamo approntando una campagna di comunicazione in tal senso.

L’emergenza ci impone un atto di responsabilità collettiva. Ora la priorità è gestire questa fase, minimizzarne gli effetti. Non credo sia questo il momento per focalizzarci sulla catena di responsabilità che ha portato a questo stato di cose.

Avremo modo e tempo per riesaminare tutta la storia dalle origini: dalla costruzione degli invasi mai collaudati, o addirittura progettati senza interconnessione con gli altri schemi, alla scelta di regionalizzare l’acquedotto, alla strana storia dei potabilizzatori, non tutti nella piena disponibilità della Regione Basilicata, alla questione manutentiva delle condotte, per troppi anni trascurate e causa delle tante dispersioni idriche, al mancato completamento dello schema irriguo Basento-Bradano, alla condizione di difficoltà finanziarie dell’AQL aggravate dal rincaro energia su cui siamo dovuti intervenire con determinazione, sino ai tanti, troppi enti, che si dividono le competenze in questa materia.

Ho scoperto che su questi temi vi è una buona letteratura con specifico riferimento alla Basilicata, trattandosi di questioni aperte da anni, frutto di un dibattito ultradecennale.

Questioni la cui soluzione implica ingenti risorse economiche, non a caso oggetto di confronto con i diversi governi nazionali che si sono succeduti in questi anni, Nulla a che vedere con le risorse pur significative che stiamo impiegando con il React Eu o con i fondi di sviluppo e coesione per realizzare interventi di efficientamento.

L’emergenza idrica non ha fatto che venire i nodi al pettine. L’inadeguatezza dell’invaso della Camastra in combinato disposto con la siccità ha determinato una situazione surreale, riportandoci a metà degli anni ’70 quando a Potenza, mi hanno ricordato, c’erano solo tre ore di erogazione d’acqua.

Venendo ad oggi. Dall’analisi dei bilanci idrologici dell’invaso degli ultimi 38anni (dal 1986 ad oggi) gli afflussi che si sono avuti nel periodo autunno/inverno 2023/2024 (per complessivi 21milioni di metri cubi) sono i più bassi registrati con un decremento dell’80% rispetto alla media di 110milioni di metri cubi all’anno (ricordo che in questo periodo si verificano il 65% delle precipitazioni piovose).

Questo ha comportato bassissimi, o quasi nulli, afflussi nell’invaso del Camastra durante il periodo estivo; mancanze che stiamo registrando anche in questo autunno.

Siamo tutti consapevoli come in seguito al concomitante incremento di prelievo dall’invaso a scopo potabile, dovuto alla magra delle sorgenti passate da un apporto del 60% a quasi il 40%, ed al perdurare della straordinaria assenza di afflussi ancora alla data odierna, ha comportato il raggiungimento delle quote di queste settimane mai registrate negli ultimi 40anni, fino all’esaurimento.

Per garantire la continuità del servizio idrico e per soddisfare il fabbisogno idrico della città di Potenza e di altri 28 comuni, si è individuata come soluzione di approvvigionamento l’utilizzo delle acque superficiali del fiume Basento.

Possibilità, è bene sottolinearlo, prevista dalle leggi in materia, che ne dettano anche le condizioni per l’utilizzo. Se non avessi autorizzato un mese e mezzo fa il prelievo delle acque del Basento, assumendone tutte le responsabilità, oggi saremmo semplicemente e drammaticamente senza acqua.

Si è trattato dunque di una soluzione per me obbligata che andava percorsa, così come abbiamo fatto, rispettando con rigore i criteri dettati dalla legge che disciplina l’impiego delle acque superficiali, inclusi i corsi d’acqua, per usi potabili, Criteri illustrati ampiamente a tutti i componenti dell’unità di crisi, nell’incontro di mercoledì scorso. dal prof. Luca Lucentini, direttore del Centro Nazionale Sicurezza delle Acque dell’Istituto

Superiore di Sanità e autorevole figura nel settore, coinvolto da Regione e Acquedotto Lucano per offrire un ulteriore contributo tecnico.

L’utilizzo delle acque di fiume è peraltro, giova ricordarlo. Già adoperata in altre realtà urbane, come ricordato da Lucentini, menzionando come l’approvvigionamento idrico di Firenze sia sostenuto dall’Arno e come a Roma sia stato già previsto la costruzione di un impianto per rendere potabile l’acqua del Tevere in caso di necessità.

Per quanto riguarda i controlli, Lucentini, ha giudicato adeguata l’organizzazione attuale che prevede verifiche giornaliere da parte di Acquedotto Lucano e settimanali da parte di Arpab.

E, per quanto riguarda il potabilizzatore di Masseria Romaniello ne ha riscontrato l’adeguatezza sulla base delle caratteristiche di detto potabilizzatore.

Tesi ribadita, l’altro ieri, il 23 novembre, con un parere ufficiale in cui sottolinea che i processi di potabilizzazione da porre in essere nella fattispecie <<si configurano di per sé idonei a trattamenti di acque di tipologia A3 o anche inferiore e, per tanto comunque adeguati, semmai ridondanti, rispetto a diversi esiti attendibili dalla classificazione>>.

Come noto nel pubblico dibattito si è molto disquisito sulla classificazione A2 o A3 delle acque del Basento, tipologie che prevedono diversi trattamenti di potabilizzazione e che fanno riferimento a diverse metodologie di indagine, questione che abbiamo inteso superare in una logica di massima prudenza dando indicazioni di utilizzare il livello più alto dei processi di potabilizzazione per garantire la massima sicurezza ai cittadini e far giungere chiaro il messaggio che il nostro solo interesse è quello di tutelare la salute delle comunità e mitigare i disagi derivanti dalla crisi idrica.

A confortare il lavoro in corso e a chiarire dubbi, che inevitabilmente nelle situazioni di difficoltà si accrescono e si moltiplicano, è intervenuto il prof. Masi dell’Unibas, che ha spiegato, tra l’altro, che il fiume Basento riceve gli scarichi del depuratore di Potenza, un impianto essenzialmente civile in cui la quota di reflui industriali è ormai meramente residuale, <<un depuratore – cito le sue parole – concepito per esigenze superiori alla popolazione residente con una capacità progettata per 200mila abitanti e dotato di tre vasche che assicurano continuità operativa anche in caso di emergenza”.

Infine, con riferimento all’area industriale di Tito Scalo, classificata come sito di interesse nazionale (SIN), e ai timori di inquinamento delle falde acquifere da trielina, Masi ha evidenziato l’efficienza della barriera idraulica esistente, che filtra le acque provenienti da quella zona. Ha peraltro ricordato che l’area è sottoposta a monitoraggi regolari e scrupolosi da lungo tempo.

Anche in questo caso, “scientificamente” vengono smentite notizie non corrette riguardo alla trielina nel Torrente Tora, come conferma anche Arpab da settimane. Per sfatare altri luoghi comuni il prof. Masi ha ricordato che persino le acque sorgive, come quelle di Fossa Cupa, considerate simbolo di purezza, devono necessariamente essere trattate attraverso il processo di potabilizzazione per garantire la sicurezza prima della distribuzione.

Sull’impianto di potabilizzazione di Potenza, Masi lo ha definito un impianto tecnologicamente avanzato, tanto da essere oggetto di studi e ricerche da parte dell’Università.

Il potabilizzatore è dunque in grado di trattare anche sostanze che avrebbero potuto costituire un qualche motivo di preoccupazione qualora ipotizzate presenti nell’acqua del fiume, ma le analisi condotte da Arpab e Acquedotto Lucano avevano già evidenziato, mercoledì scorso, l’assenza di radioattività e di livelli di inquinanti sopra le soglie consentite.

Gli unici valori fuori norma, relativi a fosfati e tensioattivi, peraltro o inalterati o in diminuzione come nel caso dei fosfati (come risulta dalle progressive analisi prodotte da Arpab e verificabili sui siti dell’Agenzia regionale) vengono comunque eliminati dal trattamento nel potabilizzatore e pertanto neutralizzati.

Ma al di là delle tante precisazioni tecniche quel che rileva è la nota del Centro nazionale di sicurezza delle acque che già sabato ci comunicava che la natura dei contaminanti e i valori di concentrazione rinvenuti nel Basento non configurano rischi sanitari né dal punto di vista chimico, nè microbiologico stante il processo di potabilizzazione effettuato presso l’impianto di Masseria Romaniello il cui trattamento ha efficacia nella rimozione dei fenoli sulla base di una consolidata letteratura scientifica ed esperienza applicativa” e che le acque del Basento <<hanno caratteristiche chimico-fisiche e composizione di sali minerali e durezza confrontabili con quelle dell’acqua attualmente in distribuzione, captata dal bacino della Camastra.>> Dichiarazioni che abbiamo già diffuso nella giornata di sabato appena ricevuto il parere.

Ma quel che più rileva è il riconoscimento da parte del Centro nazionale Sicurezza delle acque dell’istituto superiore di sanità (Iss) circa <<l’adeguatezza delle azioni poste in essere e programmate per la gestione dell’emergenza da parte dell’Acquedotto lucano e nell’ambito dell’unità di crisi rispetto agli obiettivi normativi>>.

Parole che pesano o che dovrebbero pesare per quanti hanno il senso delle istituzioni.
Nel frattempo, tra sabato e domenica si è proceduto ad acquisire ulteriori indagini, analisi, elementi conoscitivi sulla qualità dell’acqua e i risultati hanno riconfermato gli esiti positivi già acquisiti e dunque la piena potabilità dell’acqua.

Acquisite le risultanze delle analisi svolte anche da Arpab oltre che da AQL e le certificazioni relative e infine l’autorizzazione da parte dell’ASP si è proceduto a dare il via libera all’erogazione dell’acqua derivante dal fiume Basento.

Il prelievo delle acque dal fiume Basento avviene grazie a pompe installate in un punto di emungimento tra Castelmezzano e Albano di Lucania, che sollevata l’acqua, la trasporta mediante le condotte disposte lungo il fiume, fino al cosiddetto Camastrino.

Questa vasca di raccolta, realizzata nell’invaso del Camastra riceve il flusso proveniente dal Basento per un primo campionamento.

Successivamente, verificati tutti i parametri di legge in ordine alla risorsa idrica da parte delle autorità competenti, avviene il trasferimento dell’acqua verso l’impianto di potabilizzazione di Masseria Romaniello, per poi essere erogata.

Ricordo, ancora una volta, che prima di procedere all’erogazione si è proceduto ad un processo di potabilizzazione della durata di circa 30 ore e che al termine di tale trattamento, acquisito un nuovo campionamento, e con analisi che hanno comportato circa 48 ore, accertata la potabilità, e acquisita l’autorizzazione dell’ASP, è stata immessa in rete per l’uso potabile.

Questo intervento consente oggi di avere una certa quantità d’acqua disponibile, che almeno in parte, per 6/8 ore al giorno, mitiga la gravità della crisi che stiamo attraversando.

Purtroppo, occorrerà sopportare ancora queste limitazioni e accettare eventuali altre criticità che potrebbero insorgere, considerato che il passaggio da una fonte ad un’altra di emungimento dell’acqua, comporta non poche problematiche tecniche. Si tratta di 400 km di condutture da monitorare.

In ogni caso la macchina organizzativa è pronta per sostenere, laddove ve ne fosse bisogno, altre modalità emergenziali come l’utilizzo di autobotti o la distribuzione di sacche d’acqua, come purtroppo è già stato necessario in qualche comune nella giornata nell’ultimo fine settimana.

La stessa ripartenza con una nuova fonte d’acqua, che deve percorrere centinaia di chilometri in un territorio così vasto e orograficamente complesso, sta comportando difficoltà e disagi per alcune comunità che vedrà solo a giorno inoltrato i primi benefici.

Profitto per ringraziare i fontanieri dell’Acquedotto lucano che da alcuni mesi si stanno prodigando per fare il massimo possibile per manutenere e rendere funzionali le condotte e rispondere alle tante richieste di intervento che la crisi idrica va moltiplicando.

L’apporto che il fiume può dare va altresì reso compatibile con le esigenze di tutela del suo eco-sistema, di qui un emungimento non continuo per garantire la normale vitalità del fiume.

Con il Consorzio di Bonifica, e in sinergia con acquedotto lucano, stiamo lavorando per aumentare la portata della risorsa idrica allo schema idrico Camastra-Basento.

Nel dettaglio con il trasferimento della risorsa idrica dalla sorgente “Occhio” all’impianto di sollevamento in località dell’impianto Acquedotto Lucano Ginestrole e con il collegamento della sorgente Santino e Santino Monaco verso l’impianto Aggia di Acquedotto Lucano saremo in grado di garantire circa 500 litri al secondo dalla val d’agri (da cui oggi attingiamo 350). Tutte le sorgenti presentano requisiti di potabilità già accertati da acquedotto lucano.

Alla luce di quanto illustrato sia noi che l’opinione pubblica ha ormai ben chiaro come la gravità della situazione sia la conseguenza di un insieme di fattori concomitanti: siccità, limiti di invaso della diga, mancata interconnessione tra gli invasi, ridotti afflussi dalle sorgenti.

Le soluzioni ad oggi adottate sono sempre state nell’ottica di creare il minor disagio possibile assumendoci la responsabilità, una volta avuto il riconoscimento dello stato di emergenza, di porre in essere progressive limitazioni non potendo, peraltro, prevedere l’evolversi delle condizioni climatiche.

Al contempo occorre dare atto che il gestore della risorsa idrica regionale, Acquedotto lucano, ha attenzionato tutti i sindaci oltre che la Regione, sui rischi derivanti dalla crisi idrica man mano che si aggravava.
Trasparenza informativa e condivisione delle valutazioni e decisioni è lo stile che ha improntato sin da subito prima i tavoli tecnici, poi l’unità di crisi.

In questa prospettiva quando non è sembrato più essere sufficiente la presenza dell’ANCI di Basilicata nell’Unità di crisi per chiarire tutti i dubbi non ho esitato ad incontrare i sindaci dell’area o componenti di comitati spontanei mettendo loro a disposizione i tecnici e quindi le competenze disponibili per analizzare le varie questioni.

Cosa che nei giorni scorsi è stato ampiamente documentato. Né mi sorprende che ci sia chi denunci pretesi ritardi nel confronto o insoddisfazione anche a fronte di chiarimenti dati dalle autorità scientifiche preposte.
Comprendo le difficoltà dei sindaci chiamati con me ad affrontare il malumore delle popolazioni, capisco le ansie e le tensioni, ma avverto anche l’esigenza di auspicare un metodo di confronto maggiormente collaborativo.

Siamo tutti in campo per risolvere i problemi che l’emergenza idrica pone.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti per essere costantemente impegnati sui territori a stretto contatto con la popolazione.

So bene che le emergenze costituiscono un momento di grande difficoltà e che occorre recuperare il rapporto di fiducia tra popolo e istituzioni, soprattutto in un tempo in cui tutto viene messo in discussione, anche le evidenze scientifiche, e dove ciascuno è spesso portato ad emettere un “giudizio tombale” sulle cose affidandosi, attraverso i social, ora a quel parere o sortita, ora ad altra valutazione, a prescindere se ad esprimerle sia qualcuno che abbia o meno le competenze o una qualche autorevolezza nel settore.

Ringrazio anche il Comitato Acqua Pubblica per la pazienza che la delegazione ha avuto nell’attendermi per essere ricevuti. Sono stato contento di aver ascoltato le loro richieste, i loro dubbi e preoccupazioni. Con i tecnici dell’unità di Crisi, abbiamo cercato di rispondere ad ogni quesito fornendo anche l’evidenza scientifica di ciò che dicevamo.

Ho chiesto loro, in quanto espressione popolare, di contribuire ad abbassare i livelli e i toni della protesta, pur conservando un legittimo spirito critico che deve avere un approccio costruttivo e non distruttivo. Ho registrato la loro disponibilità e sono fiducioso sia così.

Oltre che fronteggiare l’attuale emergenza ci stiamo preoccupando delle problematiche strutturali messe in luce dall’emergenza idrica e ci sono interlocuzioni periodiche con l’avv. Decollanz Presidente del Consiglio di Amministrazione di Acque del Sud s.p.a. per verificare gli interventi programmati sulla Diga del Camastra e di tutti gli invasi lucani.

Tra i diversi temi non è mancata l’occasione di richiamare l’attenzione sulle conseguenze derivanti dai mancati collaudi dei diversi bacini idrici e sulla necessità di rimuovere tali storiche inadempienze.

In particolare, le interlocuzioni stanno riguardando tutti i lavori da eseguire per garantire, soprattutto con riferimento alla Diga del Camastra, di tornare ad invasare almeno fino a 9milioni di metri cubi nell’immediato, salvo continuare a lavorare per ripristinare la massima quota dell’invaso.

Lo schema degli interventi previsti dai soggetti che hanno autorità sulla Diga del Camastra riguardano interventi già finanziati come la Rivalutazione sismica dello sbarramento e delle opere accessorie

Importo finanziato: € 2.500.000,00
Data di conclusione prevista: Entro il 2025
o Adeguamento degli impianti tecnologici a servizio delle dighe (Sinni, Pertusillo, Camastra)
Importo finanziato: € 410.083,43

Data di conclusione prevista: Entro il 2025
Inoltre, vi sono gli interventi Programmati dal Commissario Straordinario di Governo del Piano Invasi come il
o Recupero Funzionale – Sfangamento – del bacino della Diga Camastra

Descrizione: Rimozione sedimenti dal bacino
Importo complessivo: € 32.700.000,00
Finanziamento richiesto: € 30.000.000,00
Data di conclusione prevista: Non specificata, è in graduatoria, ma attualmente in attesa di finanziamento.
o La realizzazione di un nuovo scarico di superficie con galleria e canale in c.a. di restituzione delle portate
Importo complessivo: € 34.800.000,00
Finanziamento richiesto: € 31.800.000,00
Data di conclusione prevista: Non specificata, è in graduatoria, ma attualmente in attesa di finanziamento.

3. Gli Interventi Programmati da Acque del Sud come
o Il riefficientamento di impianti e opere di scarico della Diga Camastra
 Importo complessivo: € 3.000.000,00
 Priorità: 1
 Data di conclusione prevista: Entro il 2026
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Gli Interventi Attuali in Corso di Esecuzione sono
• La manutenzione e revisione delle paratoie piane dello scarico di mezzofondo
o Data di conclusione prevista: Entro dicembre 2024
o Interventi fondamentali per superare l’attuale limitazione di invaso (da 7milioni di metri cubi a 9)
Ho voluto riportare questo elenco di interventi segnalatomi da Decollanz perché in molte occasioni mi è stato chiesto quali saranno gli scenari futuri.

Al contempo l’assessorato alle infrastrutture, che segue più da vicino il tema delle opere, si sta occupando dell’adduttore di collegamento tra la diga di Acerenza e quella di Genzano, che riguarda due lavori già in esecuzione: quello del riefficientamento dell’adduttore superficiale di importo pari a 9milioni di € e del riefficientamento della galleria per un importo pari a 11,5 milioni di €.

Entrambe le opere saranno completate entro il 2025. Restando alle Dighe di Acerenza e Genzano, è in corso di esecuzione un lavoro che prevede il riefficientamento degli impianti tecnologici degli sbarramenti per un importo complessivo di 1milione di €. Questo intervento, che si concluderà entro il 2025, ci permetterà di invasare la Diga di Acerenza mai entrata in esercizio.

È allo studio il collegamento Acerenza/Masseria Romaniello, così da garantire l’approvvigionamento potabile dello schema Basento-Camastra, anche dalla Diga di Acerenza. Questo ci assicurerebbe di affrontare la carenza idrica di uno dei due invasi, con l’apporto dell’altro. Inoltre, ci permetterebbe finalmente di poter eseguire tutte le manutenzioni future sugli invasi, senza arrecare disagio alla popolazione.
Previsti e finanziati interventi anche per le dighe di Conza, Saetta e per lo schema Ofanto (in totale 11,5 milioni di euro).

Quanto al Camastra, al centro della crisi idrica di queste settimane, il commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, Nicola Dell’Acqua, come detto poc’anzi, ha candidato al Pniissi (Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico) un intervento di pulizia e rimozione dei sedimenti (30 milioni di euro) e la realizzazione di un nuovo scarico in grado di intercettare il canale naturale a valle della diga, nel comune di Trivigno (31 milioni).

Acque del Sud, infine, ha programmato altri interventi, per un totale di 57 milioni, che riguardano Monte Cotugno, Pertusillo, le traverse Agri, Basento, Sarmento e Sauro. Opere che saranno completate tra il 2025 e il 2027.
In particolare, nel gennaio 2025 partiranno i lavori su Monte Cotugno che riguarderanno il rifacimento del manto impermeabile sul paramento di monte della Diga, il riefficientamento degli impianti tecnologici e l’adeguamento sisimico della casa di guardia per un importo complessivo di circa 10milioni di €.

Tali interventi, che si stima possano essere ultimati entro il 2025, ci consentiranno di chiedere alla direzione generale per le Dighe di rimuovere la limitazione all’invaso, per poter sfruttare la capacità massima del bacino pari a 485milioni di metri cubi, che rappresenta la metà della capacità di invaso di tutta la regione Basilicata.
E’ inutile sottolineare che saremo particolarmente attenti in ordine all’attuazione di queste opere nei tempi previsti.

Concludo questo intervento, rivolgendomi a tutti Voi con la determinazione che questa delicata situazione richiede. In momenti come questi, è fondamentale non solo trovare soluzioni, come stiamo facendo, ma farlo con senso di responsabilità e unità, consapevoli del peso che questa emergenza idrica comporta per ogni cittadino della nostra regione.

Abbiamo il dovere di rassicurare la popolazione, di evitare allarmismi inutili e di agire con straordinaria sollecitudine, ma anche con la consapevolezza che la vera risposta alla crisi sta nella fiducia che riponiamo nelle istituzioni e nel lavoro serio e costante. Gli interventi che stiamo attuando sono guidati da evidenze scientifiche e da una continua collaborazione tra enti locali, tecnici, esperti accademici e istituzioni competenti.

Le strumentalizzazioni politiche e la ricerca di colpevoli, “ora”, non ci aiuta, anzi, rischiano solo di alimentare divisioni e di allontanare ulteriormente le persone dalle Istituzioni, delegittimando quello per cui i cittadini ci hanno votato. Cito Vincenzo Viti, che in articolo pertinente, la scorsa settimana, scriveva:

“Rammento, solo per un istante, che Intorno ai grandi “beni comuni” posti a repentaglio si sono storicamente scatenate furibonde incontenibili passioni che in questo momento dovrebbero piuttosto cooperare alla ricerca la più urgente e adeguata delle risposte che servono.

E tutto ciò senza togliere ad alcuno il diritto a svolgere tutte le parti previste nelle drammaturgie della politica. Ma guai, se intorno a un bene apocalittico e primordiale come l’acqua si scatenasse il fondo antistituzionale e antipolitico della rabbia sociale, per legittima che sia.

E’ questo un invito che faccio mio, che esprime bene ciò che penso si dovrebbe fare in queste circostanze. Noi rappresentiamo le Istituzioni, la fiducia in esse è il perno della democrazia. Ora più che mai, su questo punto, è il momento di fare quadrato, di mettere da parte le divergenze e di concentrarci su ciò che è meglio per la nostra regione.

Da parte mia continuerò l’impegno nel dare trasparenza nelle informazioni e a prendere decisioni basate su fatti concreti e misurabili, senza alcuna preclusione a considerare altre soluzioni o sollecitazioni da chiunque provenissero.

Non permettiamo che la cultura del sospetto e la sfiducia prevalgano, perché solo con un impegno collettivo e con la piena fiducia nelle istituzioni potremo superare questa crisi.
Abbiamo già messo in campo tutte le risorse necessarie, e continueremo a farlo con la massima attenzione.

Lavoreremo senza sosta, per garantire la sicurezza e il benessere dei nostri concittadini, e per far fronte a questa emergenza idrica con il massimo dell’efficienza e della serietà.
Sono convinto che la nostra regione saprà uscire più forte da questa difficoltà.

Grazie

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