L’aut-aut di Trump: dazi più bassi a chi isola la Cina
Il presidente Usa su Truth: 'Incassi record con i dazi'. Pechino apre a colloqui, la California fa causa

L’amministrazione Trump intende usare le trattative sui dazi per fare pressione sui partner commerciali americani affinché limitino i loro rapporti con la Cina.
Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali l’idea è quella di ottenere l’impegno dai partner americani di isolare la Cina in cambio di una riduzione delle barriere commerciali.
“Gli Stati Uniti stanno incassando numeri record con i dazi doganali, con il costo di quasi tutti i prodotti in calo, inclusi benzina, generi alimentari e praticamente tutto il resto.
Allo stesso modo, l’inflazione è in calo. Promesse fatte, promesse mantenute!”. Così il presidente Usa Donald Trump su Truth rilancia la sua politica sulle tariffe.
In un’intervista a Fox Noticias il presidente aveva sottolineato lo stesso concetto: “Con i dazi stiamo incassando centinaia di miliardi di dollari dopo molti decenni in cui siamo stati derubati. E’ il momento di non permetterlo più”.
Il presidente inoltre ha firmato un ordine esecutivo che punta a ridurre il costo dei medicinali concedendo agli Stati più potere e migliorando il processo delle trattative. “Questo ordine offrirà sollievo agli anziani e a chi ha un reddito basso e dipende dall’insulina”, ha detto la Casa Bianca.
La California fa causa a Trump per i dazi
La California intende fare causa per fermare i dazi di Donald Trump. L’azione legale sarà depositata nelle prossime ore e rappresenta la prima significativa sfida alla politica commerciale dell’amministrazione. “Le tariffe illegali di Trump stanno creando caos per le famiglie, le imprese e l’economia, aumentando i prezzi e minacciando posti di lavoro”, ha detto il governatore Gavin Newsom annunciando l’azione legale.
La Cina apre a colloqui con gli Usa ma prima pone delle condizioni
La Cina vuole che l’amministrazione di Donald Trump adotti una serie di misure prima di accettare il negoziato commerciale. Lo riporta la Bloomberg in base a “una fonte vicina al pensiero del governo” di Pechino.
Tra le condizioni: più rispetto tenendo a freno i giudizi denigratori di figure di primarie del governo americano; una posizione americana più coerente; la volontà di affrontare i timori cinesi sulle sanzioni Usa e su Taiwan. Pechino chiede che Washington nomini un referente per i colloqui che abbia il sostegno del tycoon e che contribuisca a stilare un accordo che Trump e Xi Jinping possano firmare quando si incontreranno.
Il presupposto più importante per qualsiasi colloquio è che i funzionari cinesi siano sicuri che qualsiasi dialogo sarà condotto con rispetto. Mentre Trump ha mostrato moderazione parlando in pubblico del rapporto personale e di amicizia con Xi, altri figure della sua amministrazione sono stati aggressivi, disorientando Pechino sulla postura americana.
La convinzione è che il tycoon abbia un enorme controllo: di conseguenza, nascono molti dubbi quando i funzionari americani rilasciano dichiarazioni pesanti sulla Cina e Trump non interviene. Nel mirino, in particolare, ci sarebbe il vicepresidente JD Vance per i giudizi sui “contadini cinesi”, definiti la scorsa settimana “ignoranti e irrispettosi” dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian.
Oltre a un messaggio coerente, i funzionari di Pechino vogliono essere sicuri che Washington sia pronta ad affrontare alcune preoccupazioni della Cina, tra cui quella prevalente sugli Usa impegnati su politiche per contenere e reprimere la modernizzazione della Cina tra l’inasprimento dei controlli sull’export nel tentativo di impedire a Pechino di ottenere chip avanzati. Altro punto primario è la sicurezza nazionale mandarina, in particolare su Taiwan, che Pechino rivendica come suo territorio da riunificare anche con la forza, se necessario.
La Cina, sarebbe la rassicurazione citata da Bloomberg, non intraprenderà azioni provocatorie verso l’isola ribelle, ma reagirà se provocata. Infine, Pechino vuole che gli Usa designino un referente per supervisionare i colloqui: non ha preferenze a riguardo, ma desidera che la persona parli e agisca chiaramente con l’autorità di Trump che potrebbe voler anche guidare di persona i negoziati.
Pur se lusingata, la Cina ritiene che la strada migliore sia quella di funzionari designati dai due leader: sarebbe “il modo più efficace per garantire che i negoziati culminino in un vertice significativo tra Trump e Xi”.
Indagine per accertare se siano necessari o meno dazi sui minerali essenziali
Donald Trump ha lanciato un’indagine per accertare se siano necessari o meno dazi sui minerali essenziali. L’inchiesta è stata avviata in base alla ‘Sezione 232’ del Trade Act del 1962, che consente di limitare le importazioni ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale, e potrebbe tradursi in nuovi dazi.
Le Poste di Hong Kong fermano le spedizioni verso gli Usa
Le Poste di Hong Kong Post hanno annunciato che “non riscuoteranno nei modi più assoluti alcun dazio per conto degli Stati Uniti e sospenderanno l’accettazione di invii postali di merci destinate verso gli Usa”.
In una nota, Hong Kong Post ha detto che interromperà l’accettazione della posta ordinaria di articoli diretti negli Stati Uniti con effetto immediato e della posta aerea a partire dal 27 aprile.
La mossa segue l’ordine esecutivo del presidente Donald Trump sul blocco dell’esenzione doganale americana per i piccoli pacchi provenienti dalla Cina (la clausola ‘de minimis’) di valore pari o inferiore a 800 dollari.
“Gli Stati Uniti sono irragionevoli, intimidiscono e impongono dazi in modo abusivo – ha accusato Hong Kong Post nella sua nota -. Per l’invio di articoli negli Stati Uniti, i cittadini di Hong Kong dovrebbero essere preparati a pagare tariffe esorbitanti e irragionevoli”.
Per i pacchi di posta ordinaria diretti negli Usa non ancora spediti, il servizio provvederà a contattare i mittenti per la restituzione degli articoli e il rimborso delle spese postali sostenute a partire dal 22 aprile. Mentre gli invii postali relativi soltanto ai documenti non saranno interessati.
Hong Kong, un porto franco con politiche commerciali proprie, non ha seguito l’esempio della Cina sull’imposizione di dazi di ritorsione di fronte alle mosse di Trump, ma ha visto negli anni la continua erosione del suo status commerciale speciale con Washington in risposta alla stretta sui diritti e le libertà decise nell’ex colonia britannica da Pechino.