Val d’Agri disastro cova Viggiano indagate 13 persone, un arresto,indagata società ENI
Un dirigente dell’Eni, già responsabile del Cova di Viggiano, è stato arrestato stamattina dai Carabinieri del NOE di Potenza, a conclusione di una lunga e complessa attività d’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Potenza.
Oltre al dirigente arrestato, ci sono altre 12 persone indagate ed una persona giuridica, l’Eni.
I reati sono di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale.
Le indagini sono partite a gennaio 2017, in coincidenza con il rilevamento di un copioso recapito di idrocarburi nel depuratore dell’area industriale di Viggiano, nei pressi del Centro Oli.
I carabinieri hanno individuato un pozzetto all’interno del quale defluivano incessantemente acque miste a idrocarburi del tutto simili a quelle rinvenute nel depuratore.
Altri accertamenti hanno confermato che gli idrocarburi dispersi dal Cova erano andati a finire nella rete fognaria consortile, a pochi passi dall’invaso del Pertusillo.
Le indagini hanno evidenziato la grave compromissione della capacità di tenuta dei serbatoi in cui era contenuto il greggio estratto, caratterizzati dalla presenza di fori passanti che avevano dato luogo a perdite di prodotto mai comunicate agli organi competenti.
Accertata anche l’inerzia dei responsabili dell’impianto dell’Eni e del Centro Tecnico Regionale, che doveva verificare lo stato dell’impianto.
Secondo le indagini, sono stati contaminati 26mila mq di suolo e sottosuolo e una situazione di pericolo per uno dei più importanti bacini idrici d’Italia.
I campioni dei liquidi prelevati dal pozzetto in sequestro e nel depuratore risultavano sovrapponibili.
Ulteriori accertamenti chiarivano che gli idrocarburi dispersi dal COVA si erano insinuati nella rete fognaria consortile, sfruttandone le crepe cd il suo deflusso incontrava – e, quindi, contaminava – il reticolo idrografico della Val d’Agri non distante ( circa 2 km) dall’invaso del P., che rappresenta la fonte primaria di approvvigionamento della gran parte di acqua destinata al consumo umano della Regione Puglia oltre che la fonte da cui proviene l’acqua indispensabile per l’irrigazione di un area di oltre 35000 ettari di terreno.
La Procura della Repubblica di Potenza avvalendosi dell’ausilio tecnico di un Consulente disponeva, con decreto, un’ispezione locale eseguita in data 6 marzo 2017 su tutta l’area industriale di Viggiano, ivi compreso il reticolo idrografico, con il supporto del NOE.
La fonte della perdita di idrocarburi veniva individuata nei serbatoi di stoccaggio del greggio stabilizzato. Le indagini evidenziavano: la grave compromissione della capacita’ di tenuta dei serbatoi in cui era contenuto il greggio estratto, cd greggio stabilizzato (e le indagini evidenzieranno come tali problematiche fossero ben note alla dirigenza del D.N. di Viggiano – unità di vertice dalla quale dipende il Centro Olio Val d’Agri – sin dal 2012) caratterizzati dalla presenza di fori passanti sul fondo dei tanks che avevano dato luogo a perdite di prodotto mai comunicate agli organi competenti.
Da sottolineare come le indagini avessero evidenziato che i serbatoi, all’epoca, erano privi dei cd doppifondi, misura precauzionale elementare ma di evidente importanza per evitare la dispersione nell’ambiente del greggio stabilizzato contenuto dei serbatoi ( doppi fondi che , infatti, venivano realizzati solo dopo il disastro ); la conseguente sostanziale inerzia dei responsabili dell’impianto ENI rispetto al pericolo di un grave ed incombente pericolo per l’ambiente e per l’eco sistema circostante, ritenuto meno rilevante rispetto alle esigenze produttive; la consapevole inerzia di un organismo pubblico, quale il CTR, che aveva il compito di verificare lo stato dell’impianto quanto alla sussistenza dei requisiti indispensabili per impedire danni all’ambiente.
Ed invero, la responsabilità di vigilare sullo stato dei serbatoi e sulla loro tenuta, oltre che sull’ENI, ricadeva sul Comitato Tecnico Regionale della Basilicata (organo di vigilanza sugli impianti a rischio di incidente rilevante, qual è quello di Eni in Val d’Agri) che in occasione del rinnovo del Rapporto di Sicurezza, con proprio verbale prescrisse maggiore frequenza di controlli sui fondi dei serbatoi valutando l’ipotesi di dotarli di doppio fondo, accettando, poi, contraddittoriamente, in concreto, che tali controlli non venissero espletati con la necessaria e prevista frequenza circostanza che aveva, poi, una influenza determinante nella determinazione causale del disastro).
Si accertava, infatti, che le prescrizioni, evidentemente precauzionali, non venivano ottemperate dal gestore dell’impianto, cioè dall’ENI, senza che il CTR intervenisse con provvedimenti inibitori e sanzionatori, divenendo, secondo il costrutto accusatorio, concausa dell’evento di dispersione del greggio nell’ambiente circostante ( peraltro, poi, qualificato come incidente rilevante dal MIinistero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare).
Al termine delle investigazioni, da un quadro investigativo ampio e complesso, è stato possibile ricavare, nitidamente, i profili del delitto di disastro ambientale, e, quindi, non solo, la contaminazione e la compromissione di 26mila mq di suolo e sottosuolo dell’arca industriale di Viggiano e del reticolo idrografico a valle dell’impluvio denominato ”fossa del lupo”, non solo una situazione di incombente pericolo per uno dei più’ importanti bacini idrici dell’I talla meridionale, ma anche la compromissione di una vasta area che si trova a cavallo degli impianti ENI e dell’invaso del P.
Tale compromissione era determinata dalla indispensabile opera di bonifica, ancora in corso, dell’area contaminata che ha imposto di estrarre in modo continuo tutte le acque di falda dell’area stessa ( oramai contaminate) e trattarle come rifiuto, sicche’ se per un verso, si e’ impedita la propagazione della contaminazione, tuttavia, per altro verso, si è privata delle indispensabili risorse idriche una vasta arca della Regione con inevitabile gravi conseguenze sulla matrice ambientale.