Matera, impiegato delle buste paga in Provincia si gonfia lo stipendio per 10 anni
La Corte ha condannato al risarcimento anche dirigenti e funzionari dell’ente per non aver controllato l’operato del dipendente e le banche che tra il 2005 e il 2014 effettuavano il servizio di tesoreria.
La Corte dei conti della Basilicata ha condannato un dipendente della Provincia di Matera a risarcire 282mila 670 euro, accumulati in un decennio (dal 2005 al 2014), grazie a un sistema che gli permetteva di autoaccreditarsi somme maggiori rispetto a quelle previste dal suo stipendio mensile.
La vicenda comincia nel 2014, quando il presidente della Provincia, Franco Stella, e il dirigente responsabile del Servizio personale, Carmela Gerardi, si accorgono di alcuni accrediti anomali sul conto del dipendente (che lavorava proprio all’ufficio stipendi), dando quindi il via a una serie di controlli. Dai primi accertamenti non emergono errori nei cedolini di altri dipendenti, ma soltanto su uno. E anche il totale delle retribuzioni elencate nella documentazione allegata ai mandati di pagamento degli stipendi corrispondeva al totale riportato sul documento “netti in busta”.
Le anomalie, invece, vengono riscontrare negli effettivi esborsi della Provincia: in pratica i documenti risultano in regola fino a quando non viene disposto, dallo stesso dipendente, l’ordine di bonifico alle banche tramite procedura telematica, manomettendo il programma di gestione delle paghe. Dalle successive indagini emerge quindi che gli stipendi vengono gonfiati, arrivando a 282.670 euro in dieci anni.
La Corte ha condannato al risarcimento del danno anche alcuni dirigenti e funzionari dell’ente provinciale per non aver controllato l’operato del dipendente e le banche che tra il 2005 e il 2014 hanno effettuato il servizio di tesoreria, per aver corrisposto le somme in base a una documentazione falsa, e in formato elettronico, invece di utilizzare mandati di pagamento in forma cartacea.