E’ morto Stefano D’Orazio, storico batterista dei Pooh
'Abbiamo perso un fratello, un compagno di vita', scrivono in un post Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia, Riccardo Fogli
La notizia, annunciata su Twitter dall’amico Bobo Craxi, è stata confermata da Roby Facchinetti su Facebook: “STEFANO CI HA LASCIATO! Due ore fa, era ricoverato da una settimana e per rispetto non ne avevamo mai parlato…oggi pomeriggio, dopo giorni di paura, sembrava che la situazione stesse migliorando… poi, stasera, la terribile notizia”, scrive.
“Abbiamo perso un fratello, un compagno di vita, il testimone di tanti momenti importanti, ma soprattutto, tutti noi, abbiamo perso una persona per bene, onesta prima di tutto con se stessa.
Preghiamo per lui. Ciao Stefano, nostro amico per sempre…”, si legge nel post firmato insieme dagli altri componenti del gruppo, Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia, Riccardo Fogli.
La sua ultima fatica era stata ‘Rinascerò, rinascerai‘, il brano composto dall’amico di sempre Roby Facchinetti per Bergamo, martoriata dal Covid-19, per cui aveva scritto un testo sincero, commovente, pieno di fiducia e rispetto per chi stava soffrendo. Stefano D’Orazio, storico batterista dei Pooh, è morto in ospedale a Roma ieri sera, all’età di 72 anni.
Già malato, le sue condizioni sono peggiorate proprio in seguito al contagio da Covid.
Nato a Roma il 12 settembre 1948, muove i primi passi da batterista nei The Kings, poi The Sunshines.
“Non sapevo neanche cosa volesse dire quel nome”, raccontava nella sua autobiografia, “Confesso che ho stonato – Una vita da Pooh”, uscita per Kowalski nel 2012. Da lì una galleria di incontri che segnano una vita: Dario Bellezza che abita al piano di sotto; Carmelo Bene, che accompagna a colpi di tamburo al Beat 72; e poi Crocetta, il patron del Piper, che aveva inventato Patty Pravo e che porta D’Orazio dai Pooh, nel 1971.
“Mi dissero che Valerio Negrini voleva lasciare il gruppo perché era stanco di fare lo zingaro – ricordava, raccontando il suo ingresso nella band -. In realtà lo cacciarono perché non era in linea con il gruppo che stava crescendo rapidamente. Ero un po’ perplesso, facevo underground, ero capellone, ma poi scoprii che ci davano davvero dentro”.
Per i Pooh è stato strumentista, autore e scrittore, dal 1971 al 2009. Il successo della band è planetario: cinquanta milioni di dischi venduti, stadi da 40mila persone pieni, hit come ‘Noi due nel mondo e nell’anima’, ‘Tanta voglia di lei’, ‘Uomini soli’ con la quale vinsero il festival di Sanremo nel 1990, 14 Telegatti e perfino la nomina a Cavalieri della Repubblica.
Poi l’addio a Roby, Dodi e Red e la svolta di D’Orazio verso il musical, con Aladdin, Pinocchio, Mamma Mia, W Zorro, e la passione per la scrittura. “Dopo 40 anni di lavoro volevo divertirmi.
I ragazzi hanno capito che non avrei avuto più l’entusiasmo necessario. Ognuno di noi è come una bottiglia da un litro. Io avevo riempito la mia vita di Pooh e non c’è stato spazio per nient’altro fino al giorno in cui ho deciso di svuotare la mia bottiglia e riempirla di nuovi sapori.
Mi rendevo conto dell’improbabilità di avere nuovamente successo. E invece sono arrivati i musical, il libro. Riempire una nuova agenda è stato un attimo”.
Con la storica band tornerà però sul palco, tra il 2015 e il 2016, per la reunion nel cinquantennale della carriera, con un passaggio con tifo da stadio al Festival di Sanremo. Poi l’abbraccio lunghissimo dei fan suggellato il 31 dicembre dal trionfo alla Unipol Arena di Bologna.