Ucraina, Papa-von der Leyen: comune impegno per fine della guerra
Il Papa ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la quale si è successivamente incontrata con il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, accompagnato da mons.
Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati.
“Nel corso dei cordiali colloqui in Segreteria di Stato, ci si è soffermati sulle buone relazioni bilaterali e sul comune impegno ad adoperarsi per porre fine alla guerra in Ucraina, dedicando particolare attenzione agli aspetti umanitari e alle conseguenze alimentari del protrarsi del conflitto”, riferisce la Santa Sede.
La Russia è aperta al dialogo, ma “bisogna essere in due per ballare il tango”. Così il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, come riporta la Tass, rispetto alla via diplomatica come soluzione al conflitto in Ucraina.
Nei commenti rilasciati alle tv russe in occasione del 350mo anniversario dalla nascita di Pietro il Grande, il presidente russo Vladimir Putin si è paragonato allo zar tracciando un parallelo tra quelle che ha descritto come le loro due imprese storiche gemelle per riconquistare le terre russe.
La corte suprema della sedicente Repubblica Popolare del Donetsk ha condannato a morte i ‘mercenari’ britannici Aiden Aslin e Shaun Pinner e il marocchino Saaudun Brahim, che combattevano per l’esercito ucraino, ma ‘possono chiedere la grazia’. Il premier britannico, Boris Johnson, si è detto “sconvolto” per le condanne a morte inflitte ai due britannici e ha ordinato ai ministri di fare “tutto ciò che è in loro potere” per ottenerne il loro rilascio. Lo scrive il Guardian.
E l’Ue accelera sul via libera alla concessione dello status di candidato all’Ucraina. Dopo aver esaminato le due parti del questionario consegnato da Kiev a Bruxelles su impegni e requisiti per ottenere lo status, la settimana prossima Bruxelles potrebbe varare l’attesa raccomandazione.
Intanto proseguono gli scontri. Distrutto dai bombardamenti russi il Palazzo di ghiaccio di Severodonetsk, un simbolo della città: “Ghiaccio, pattinaggio artistico, hockey, pallavolo, scuola sportiva, concerti, quasi 50 anni di storia dello sport e dello sviluppo culturale sono andati in fumo”. Lo ha reso noto il capo dell’amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergiy Gaidai, riportato dall’Ukrainska Pravda.
KIEV – Il vice capo dell’intelligence militare ucraina Vadym Skibitsky ha dichiarato che l’Ucraina sta perdendo contro la Russia in prima linea e che ora dipende quasi esclusivamente dalle armi provenienti dall’Occidente per tenere a bada la Russia: “Questa è ormai una guerra di artiglieria. I fronti sono ora il luogo in cui si deciderà il futuro e stiamo perdendo in termini di artiglieria. Tutto ora dipende da ciò che l’Occidente ci dà”, ha detto al Guardian.
MOSCA – La decisione sui militari britannici e marocchino, condannati ieri a morte nel Donetsk, è presa “in base alle leggi del Dpr (la sedicente Repubblica Popolare del Donetsk, ndr)” e non si deve interferire “con il sistema giudiziario della Repubblica”. Lo ha detto, come riporta Ria Novosti, il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che ha esortato “a non speculare sull’argomento della condanna ai mercenari stranieri condannati nel Dpr”.
Le truppe russe stanno cercando di stabilire il pieno controllo sulla regione di Lugansk entro il 12 giugno, data della celebrazione del Giorno della Russia: afferma il capo dell’Amministrazione militare regionale Sergiy Gaidai su Facebook.
Gaidai ha anche riferito che i combattimenti stanno continuando nella città dell’Ucraina orientale di Severodonetsk e negli insediamenti di Hirske e Popasna: “Severodonetsk regge, ma i russi stanno distruggendo tutto. Il mondo russo è un deserto. Il nemico sta cercando di raggiungere questo obiettivo”, ha scritto Gaidai.
Nei commenti rilasciati alle tv russe in occasione del 350mo anniversario dalla nascita di Pietro il Grande, il presidente russo Vladimir Putin si è paragonato allo zar tracciando un parallelo tra quelle che ha descritto come le loro due imprese storiche gemelle per riconquistare le terre russe: “A quanto pare, spetta anche a noi restituire (ciò che è della Russia) e rafforzare (il Paese). Se partiamo dal fatto che questi valori fondamentali costituiscono la base della nostra esistenza, riusciremo sicuramente a risolvere i compiti che abbiamo di fronte”, ha detto, citato dal Guardian.
“L’operazione speciale si sta sviluppando secondo i piani militari inizialmente previsti”: lo ha detto il rappresentante permanente di Mosca presso l’Onu, Vasily Nebenzya, riferendosi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Intervistato dalla Bbc, riporta la Tass, il diplomatico russo ha sottolineato che “nessuno aveva promesso di concludere (l’operazione) in tre o sette giorni.
Alcuni esperti dicono: ‘l’operazione speciale russa è ora in stallo e non sta procedendo al ritmo che era stato inizialmente previsto’. Ma il progresso è in corso. Questo è chiaro”. Nebenzya ha quindi spiegato che “uno dei motivi del cosiddetto ritmo lento è che non stiamo prendendo di mira le infrastrutture civili”: le truppe “stanno solo colpendo obiettivi militari e questo richiede tempo”.
LA CONDANNA A MORTE – La decisione sui militari britannici e marocchino, condannati ieri a morte nel Donetsk, è presa “in base alle leggi del Dpr (la sedicente Repubblica Popolare del Donetsk, ndr)” e non si deve interferire “con il sistema giudiziario della Repubblica”. Lo ha detto, come riporta Ria Novosti, il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che ha esortato “a non speculare sull’argomento della condanna ai mercenari stranieri condannati nel Dpr”.
I capelli rasati, lo sguardo fisso dietro le sbarre della gabbia. Aiden Aslin e Shaun Pinner, britannici, e Saaudun Brahim, marocchino, hanno ascoltato in silenzio la sentenza che li ha condannati a morte al termine di un processo “farsa” andato in scena in un tribunale del Donetsk occupato da Mosca che si autodefinisce Repubblica Popolare.
L’accusa è di aver combattuto come mercenari a fianco delle truppe ucraine in base all’articolo 430 del codice penale del territorio separatista filorusso.
I due britannici e il marocchino non saranno probabilmente giustiziati – il tribunale ha fatto sapere che hanno un mese di tempo per ricorrere in appello e chiedere la grazia – ma il messaggio al mondo è chiaro: russi e filorussi non guardano in faccia a nessuno. “Profondamente preoccupato” il governo di Boris Johnson che ha affidato la prima durissima reazione alla sentenza a un portavoce di Downing Street.
“Abbiamo ripetutamente detto che sono prigionieri di guerra, che non vanno strumentalizzati a scopi politici e che hanno diritto all’immunità in base alla Convenzione di Ginevra”. La titolare del Foreign Office, Liz Truss, ha espresso “totale condanna” per la sentenza, ribadendo che sono “prigionieri di guerra, imputati in un processo farsa che non ha assolutamente alcuna legittimità”.
Perché tali sono, anche se la propaganda putiniana finge di ignorarlo. Aslin, 28 anni, originario di Newark nel Nottinghamshire, si è trasferito in Ucraina, a Mykolaiv, nel 2018 e si è arruolato come marine nell’esercito ucraino. Anche Pinner, 48 anni, originario del Bedfordshire ed ex militare nell’esercito britannico, vive in Ucraina da quattro anni, è sposato con una cittadina ucraina e fa, anzi faceva, l’istruttore delle forze armate di Kiev.
Ed è su di lui che si è concentrata la controffensiva mediatica. “Shaun Pinner era nella lista dei ricercati nel Regno Unito per aver preso parte ad azioni di combattimento in Iraq e Siria ed è stato riconosciuto come terrorista nel Regno Unito”, hanno scritto i giudici nella sentenza che ha poco di giuridico e molto di politico.
BOMBE SULL’AZOT – L’assalto all’Azot è cominciato. Come avvenuto per quasi tre mesi nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, anche la fabbrica chimica di Severodonetsk rappresenta l’ultimo baluardo di una città ormai di fatto in mani russe. E per prenderne il controllo, costringendo le persone barricate a uscirne, la strategia di Mosca punta di nuovo sui bombardamenti a tappeto.
Nella struttura restano rifugiati circa 800 civili – 600 residenti nei bunker e 200 dipendenti rimasti per disinnescare potenziali disastri ambientali, in un impianto che ha sospeso la produzione ma resta pieno di sostanze pericolose -, accanto a cui, secondo i filorussi, si sarebbero nascosti anche alcune unità di soldati ucraini in ritirata.
L’area è stata bombardata a più riprese e i raid hanno colpito almeno due officine, tra cui una per la produzione di ammoniaca.
A Severodonetsk, le truppe di Vladimir Putin hanno concentrato da alcune settimana la loro potenza di fuoco e, secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è lì che potrebbe decidersi la sorte di tutto il Donbass.
ANSA