Mattarella va a Crotone Guardia Costiera: ‘Non c’era pericolo’
Salito a 67 il numero delle vittime La Capitaneria di porto: "Motovedette in mare anche con mare forza 8, ma non è giunto un allarme". Frontex comunicava ìgalleggiabilità buona'
Naufragio migranti, domani Mattarella a Crotone
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà domani a Crotone per rendere omaggio alle vittime del naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiava un gruppo di migranti.
Il naufragio ha provocato la morte accertata, al momento, di 67 persone ed un numero ancora imprecisato di dispersi.
Della visita del presidente Mattarella, di cui mancano al momento i particolari, si è appreso da fonti locali. Il Capo dello Stato, secondo quanto si è appreso, si dovrebbe recare al Palasport, dove sono allineate le bare delle vittime del naufragio.
Il naufragio avvenuto in Calabria, è “una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano”. Lo ha detto il portavoce della Guardia Costiera Cosimo Nicastro a ‘5 minuti’ di Bruno Vespa.
“Gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza – ha aggiunto – non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari. E allo stesso tempo la barca, partita 4 giorni prima dalla Turchia, non aveva riportato alcuna informazione alle altre omologhe organizzazioni di guardia costiera che ha attraversato”.
Il gip del Tribunale di Crotone ha convalidato il fermo di due scafisti della barca che si è schiantata sulla costa di Cutro causando la morte di 67 persone.
I due, un turco di 50 anni e un un pakistano di 25 anni, sono stati fermati nella giornata di lunedì insieme ad un giovane di 17 anni, per il quale procede il Tribunale dei minorenni di Catanzaro che ha fissato l’udienza di convalida domani.
Il gip Michele Ciociola ha disposto la misura cautelare in carcere per i due che sono indagati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, naufragio colposo e lesioni. Un quarto scafista risulta indagato ma al momento è irreperibile.
Sale a 67 il numero delle vittime del naufragio del barcone carico di migranti nelle acque di Steccato di Cutro. Il ritrovamento è avvenuto in mattinata. L’ultimo corpo, in ordine di tempo, ad essere stato recuperato dai soccorritori che stanno operando nella zona della tragedia, è quello di una bambina.
Sono 2 carabinieri del radiomobile della Compagnia di Crotone i primi ad intervenire, alle 4.30, dopo il naufragio del barcone carico di migranti. I militari hanno salvato due persone e recuperato 17 corpi.
“Ci siamo avvicinati, immergendoci in acqua, notando la presenza di due corpi privi di conoscenza, sotto l’imbarcazione ed in pericolo di essere schiacciati…Una donna era già deceduta, mentre un uomo era in sofferenza respiratoria” si legge nella relazione agli atti dell’inchiesta. Solo dopo sono arrivati alcuni pescatori, e, successivamente, 118, Gdf, Polizia, Guardia Costiera e personale del Centro di accoglienza.
“Perché non siamo usciti? Non è così il discorso. Dovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale. Le nostre regole di ingaggio sono una ricostruzione molto complessa non da fare per articoli di stampa.
Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose su come funziona il dispositivo per il plottaggio dei migranti, da che arrivano nelle acque territoriali a che poi debbano essere scortati o accolti: le operazioni le conduce la Gdf finchè non diventano Sar. In questo caso la dinamica è da verificare”. Così il comandante il Comandante della capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi.
“A noi risulta che domenica il mare fosse forza 4 ma motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8.
A noi non è giunto nessun allarme? Ripeto, adesso c’è un intricato discorso di ricostruzione dei fatti del quale non posso e non mi posso permettere di anticipare le conclusioni perché non ci siamo nemmeno arrivati. Stiamo rifacendo tutto il percorso dei fatti e poi riferiremo all’autorità giudiziaria”. A dirlo il comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi.
“Crediamo di avere operato anche in questo caso secondo le nostre regole d’ingaggio. Ci dispiace soltanto leggere sui giornali che non abbiamo fatto il soccorso. Comprendiamo che ne puoi salvare 100 mila ma poi è quell’unico ragazzino o bambino o famiglia che non riesci a salvare che fa sembrare inutile il tuo lavoro.
Non si tratta di burocrazia e di qualunque esperienza si può fare tesoro. Vedremo alla fine delle indagini che non sono solo penali ma anche interne e amministrative. Sono provato umanamente ma professionalmente sono a posto”. Così il comandante della Capitaneria di Crotone Vittorio Aloi.
“Sarebbe troppo lungo specificare quali sono le nostre regole di ingaggio e non si possono fare in sintesi anche perché sono spesso regole che non promanano dal ministero a cui appartengo, promanano da quello dell’interno. E’ una ricostruzione molto complessa”. Così il comandante della capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi.
La camera ardente al Palamilone, il palazzetto dello sport di Crotone, che accoglie le bare delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro, è stata aperta in un’atmosfera di grande commozione e cordoglio dalla preghiera interreligiosa guidata dall’iman della moschea di Cutro, Mustafa Achik, e dal vescovo di Crotone, Angelo Raffaele Panzetta.
C’è già tanta gente che è arrivata da tutta la Calabria per rendere omaggio alle bare poste sul parquet della struttura. Presenti tutti i 27 sindaci del crotonese e gli amministratori locali. Due signore crotonesi sono state le prime ad entrare per rendere omaggio alle vittime. “Speriamo sia l’ultima – ha detto una di loro tra le lacrime – dal governo devono vedere cosa fare”. “Siamo qui – ha aggiunto l’altra – perché è una tragedia immane che non può non colpirci. Siamo stati fortunati a nascere qui”. Tanta è la commozione tra quelle bare, molte delle quali bianche.
La mail con cui Frontex – alle 23.03 di sabato sera – comunicava l’avvistamento del barcone carico di migranti poi naufragato a 100 metri dalla spiaggia di Cutro, non indicava il numero di presenze a bordo sottolineando solo che vi potessero essere “possibili altre persone sotto coperta”. Nel messaggio, inoltre, Frontex indicava una “buona galleggiabilità” dell’imbarcazione.
Il Comitato 3 ottobre, organizzazione nata dopo la tragedia del 2013 di Lampedusa, impegnata da anni nell’identificazione delle vittime dei naufragi nel Mediterraneo, ha chiesto al capo dipartimento per le Libertà civili e immigrazione, al commissario straordinario per le persone scomparse e alla prefetta di Crotone di procedere all’identificazione delle vittime del naufragio avvenuto a Steccato di Cutro prima della loro inumazione. “Così come è avvenuto in altri tragici naufragi, in virtù del protocollo di Lampedusa e grazie al fattivo e instancabile lavoro dell’Istituto Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia forense dell’università di Milano), l’identificazione dei cadaveri dei naufragi è possibile – spiegano i promotori del comitato- .
E’ indispensabile che prima della sepoltura vengano massimizzate le informazioni in previsione di una futura identificazione tramite “match” tra i dati post mortem e ante mortem. Chiediamo a tutte le autorità di applicare, in assenza di un protocollo specifico, il protocollo Dvi (DisasterVictimIdentification) di Interpol, che, prevede: rilievi fotografici, repertazione indumenti ed effetti personali ed esame autoptico e odontologico“.
“Anche le famiglie delle persone decedute o disperse dovrebbero essere considerate vittime dei medesimi naufragi e dovrebbero essere coinvolte il più possibile dalle autorità nel processo di identificazione e di inumazione – ha detto Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre – .
Non vorremmo che, anche in questo caso, queste persone rimanessero dei numeri e delle vittime senza nome.
Questo ennesimo naufragio ci fa tornare con la memoria ai naufragi del 3 e 11 ottobre 2013. Naufragi che scossero le coscienze del nostro continente, mettendo a nudo le conseguenze dell’assenza di una reale politica migratoria. Purtroppo a distanza di dieci anni si continua a morire nel Mediterraneo perché, ancora una volta, si preferisce proteggere i confini e non le persone”.
ANSA