Una vittoria ampiamente annunciata quella della Svezia alla 67/a edizione dell’Eurovision Song Contest.
Come annunciato è stato il testa a testa con la Finlandia che ha sbancato al televoto, arrivando seconda con Käärijä e il brano Cha Cha Cha.
A riportare la manifestazione in Scandinavia è stata Loreen, alla sua seconda vittoria, con il brano Tattoo, data per favorita già dalla vigilia.
Al terzo posto Israele con Noa Kirel e Unicorn. Marco Mengoni ha conquistato il quarto posto. Ma è stato comunque protagonista della serata.
Non solo ha emozionato i 12mila della Liverpool Arena con la sua esibizione intensa e potente di Due Vite, il brano con cui ha vinto il festival di Sanremo, e che qui ha portato a casa il Marcel Bezençon Composer Award per la miglior composizione, assegnato dai compositori dei brani in concorso, ma ha voluto portare sul palco anche la bandiera Lgbtqi disegnata dal graphic designer Daniel Quasar per rendere la celebre Rainbow Flag ancora più inclusiva. Cinque colori in più, il bianco, il rosa, l’azzurro, il marrone e il nero, posizionati a lato.
Le nuove strisce colorate sono dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi è morto per portare avanti la battaglia dei diritti.
La serata si è aperta nel segno dell’Ucraina, che dopo la vittoria lo scorso anno a Torino della Kalusch Orchestra, avrebbe dovuto ospitare la manifestazione.
Ma la situazione attuale del Paese, ancora in guerra, non lo ha permesso. E così, in un ideale collegamento tra Kiev e Liverpool, scelta come sede alternativa della manifestazione, proprio la Kalush Orchestra, portavoce del dramma ucraino, ha aperto la finale con Stefania, il brano che un anno fa li portò alla vittoria, e con un filmato al quale hanno partecipato artisti britannici del calibro di Andrew Lloyd Webber e Joss Stone.
Cameo anche della principessa del Galles Kate Middleton al pianoforte. A sostegno dell’Ucraina anche la Repubblica Ceca con le Vesna, con il brano My sister’s crown, inno femminista che invita a non arrendersi mai, ma anche brano a sfondo politico con un messaggio umanitario di sostegno alla popolazione ucraina, sottolineato dal ritornello cantato in ucraino.
Anche i croati Let3 dicono no alle dittature e alla guerra rimanendo in mutande e con finti missili sul palco.
Ma l’Eurovision non rinuncia alla sua dose di show eccessivo, di trash, di piume e paillettes, come da tradizione. Come non ha rinunciato ad omaggiare la città che lo ha ospitato con il Liverpool Songbook, durate la quale alcuni artisti che sono stati protagonisti nelle edizioni passate hanno ripercorso la storia della musica della città.
Tra questi anche un emozionato Mahmood che si è esibito in una versione rivisitata di Imagine, il grande classico di John Lennon.
L’artista, alla sua terza presenza all’Eurovision dopo aver rappresentato l’Italia a Tel Aviv 2019 arrivando secondo con Soldi a Torino lo scorso anno insieme a Blanco con un sesto posto grazie a Brividi, è il primo italiano ad essere invitato come ospite fuori concorso in un’edizione all’estero.
ANSA