Oppenheimer in bilico tra maestosità e intimismo
Sold out Usa per il film di Nolan sul padre della bomba atomica
Il film migliore e più importante di questo secolo”, come l’ha definito senza timore di esagerare Paul Schrader – sceneggiatore (Taxi driver, Toro scatenato), regista (American Gigolò), ma anche critico cinematografico – è approdato il 21 luglio nelle sale degli Stati Uniti, anticipato da recensioni entusiastiche e da un marketing furbo e imponente.
Trovare un posto nelle sale che proiettano l’ultima – titanica – fatica di Christopher Nolan, Oppenheimer, è un’impresa altrettanto immane.
In una città che abbonda di appassionati e professionisti del settore, le proiezioni per questo fine settimana sono sold out da oltre un mese. In Italia si attende invece il 23 agosto.
Già le note tecniche sono tutto un primato.
Oppenheimer è girato in pellicola IMAX 65 mm e sviluppato a 70 mm; ogni copia pesa 300 chili ed è lunga 18 chilometri, il che, per esempio, ha obbligato il mitico Chinese Theatre sull’Hollywood Boulevard a costruire una cabina di proiezione tutta nuova per l’occasione.
Appena le luci si spengono e si accende il proiettore, il presentimento di trovarsi davanti a un’esperienza memorabile diventa certezza.
Il regista di Memento, Inception e Interstellar centra senz’altro la sua missione a livello visivo: “Il punto è fare sparire lo schermo – aveva detto in un’intervista alla Associated Press – dare l’impressione del 3D, ma senza occhiali”.
Seguono tre ore di febbrile immersione nella vita di Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, fisico geniale ed enigmatico essere umano, colto in tormentato bilico tra l’eccitazione della creazione e lo shock dei suoi effetti.
Ci sono momenti nell’ultima opera di Nolan in cui le fiamme riempiono l’inquadratura e particelle subatomiche svolazzano sullo schermo. Momenti in cui l’imponenza del suono fa vibrare la poltrona.
Ma nonostante la sua innegabile maestosità, Oppenheimer è un film in scala umana, tutto concentrato sui primi piani, sul volto emaciato dell’irlandese Cillian Murphy (il Thomas Shelby dei Peaky Blinders) e sui suoi occhi che sembrano fatti d’acqua, il suo atteggiamento compunto e l’eleganza abbottonata, sotto cui si intuisce un dilemma dilaniante.
Nel cast anche Emily Blunt, Matt Damon, Robert Downey Jr. Come ha scritto Justin Chang sul Los Angeles Times, l’inventore dell’arma più letale di sempre è il personaggio perfetto di Nolan, che dopo Dunkirk torna sul terreno della realtà, lasciando alle spalle la fantascienza distopica: “un uomo caduto in una trappola di sua stessa intricata costruzione, perso nel vortice di un’ossessione colpevole”. La sceneggiatura è tratta dalla biografia premio Pulitzer “Oppenheimer.
Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica” (in Italia pubblicata da Garzanti), ma non segue un arco cronologico dalla ricerca precipitosa della nuova tecnologia alla presa di coscienza dei suoi effetti devastanti e all’umiliazione dei processi per sospetto comunismo.
Nolan mescola gli anni, il colore e il bianco e nero, per braccare un personaggio poliedrico e poliglotta, appassionato d’arte e letteratura quanto ossessionato dalla scienza, marito e donnaiolo, arrogante e conviviale, visionario ma incapace di prevedere e di chiedere scusa per glie effetti mostruosi del suo genio.
Un uomo che a uno studente di Berkeley spiega così una teoria quantistica: “È un paradosso, ma funziona”. Una battuta che contiene il personaggio e il film che cerca di raccontarlo.
ANSA