A Roma convegno sul futuro delle professioni culturali: “Credere nell’abbraccio tra cultura e mercato”
“Il futuro delle professioni culturali: cosa cambia, cosa resta”. Questo il titolo del convegno, promosso da Confassociazioni e dall’Associazione Civita, che si è tenuto a Roma sulle trasformazioni e le prospettive nell’ambito delle professionalità legate al mondo dei beni culturali, anche a seguito degli effetti che la tecnologia digitale ha prodotto nel settore.
Ad aprire i lavori è stato Nicola Maccanico, segretario generale dell’Associazione Civita, che ha posto l’accento su tre “parole chiave”: lavoro, mercato e formazione.
“Nel prossimo futuro – ha detto – bisogna ragionare su come creare più lavoro sfruttando il potenziale della forte attrattività che esercita il settore della cultura sui giovani”. Si deve credere, ha aggiunto Maccanico, “sull’abbraccio tra cultura e mercato” anzi “serve più mercato e meno Stato”.
Anche Luigi Casciello, deputato di Forza Italia e membro della commissione Cultura, ha sottolineato l’importanza della formazione.
“E’ fondamentale – ha spiegato – per evitare che le novità tecnologiche che ci sono piovute addosso nel corso di pochi decenni finiscano per travolgerci.
Penso, ad esempio, al mondo del giornalismo che ha impiegato secoli per passare dal sistema della stampa a piombo a quella a freddo e invece, nel giro di pochi anni, ha conosciuto il web. Con annessi i rischi, come le fake news”.
Casciello, nell’invocare una maggiore sinergia tra pubblico e privato (“è il lavoro che qualifica l’uomo, non l’assistenzialismo”), ha quindi annunciato che presenterà una proposta di legge per maggiori defiscalizzazioni a vantaggio di chi investe nella formazione culturale.
“Per gestire lo sterminato patrimonio culturale del nostro Paese c’è bisogno urgente di aggiornare staff e professionalità con nuove assunzioni”, ha affermato nel corso del suo intervento Antonio Lampis, direttore generale Musei del Mibac.
“Servono tantissime professionalità in stretto rapporto con l’evoluzione digitale”, ha aggiunto soffermandosi in particolare sui musei del futuro: “Bisogna pensare meno ai ‘cataloghi mattone’ e più alla tecnologia per creare maggiore occupazione e valorizzazione del patrimonio”.
Lampis porta l’esempio della messa in rete di tutti i musei italiani, statali e privati indifferentemente: “Questo sistema permetterà sia la fondamentale messa in sicurezza degli stessi musei, sia una radicale revisione degli allestimenti”. E parallelamente, rileva, “produrrà un’interconnessione tra professionalità antiche e nuove”.
“La parola ‘museo’ è stata fino a pochi anni fa associata a qualcosa di polveroso, oggi fortunatamente non è più così.
La recente riforma del governo è stata azzeccata e ha aperto le porte alla modernità”, ha evidenziato Giuseppe Costa, presidente e amministratore delegato di Opera Laboratori Fiorentini, che ha ripercorso i progressi compiuti dalla sua società: “Nel 2008 a Siena avevamo solo due persone, oggi sono 164. Sempre a Siena la scopertura del pavimento del Duomo ha fatto impennare il numero dei visitatori.
Si tratta di piccoli interventi che però aiutano a crescere”. Costa ha così concluso: “Credo nella simbiosi tra pubblico e privato e seguiterò a investirci”.
Tra gli intervenuti al convegno anche Margherita Guccione, direttore del dipartimento Architettura del Maxxi di Roma. “Il nostro museo è un osservatorio privilegiato -ha detto – perché associa tradizione e innovazione, è un museo dinamico capace di trasformarsi sotto la spinta dei cambiamenti sociali”.
Le figure professionali che lavorano al Maxxi, ha spiegato Guccione, “si sono trasformate proprio per questa sorta di ibridazione.
Ad esempio per lavorare alla catalogazione abbiamo messo insieme archivisti, architetti e informatici. Oppure stiamo organizzando corsi per professioni museali che le università non offrono”.
Su questa scia di novità, ha concluso Guccione, “va inserita anche l’apertura il prossimo anno a L’Aquila della prima sede distaccata del Maxxi”.