Rispetto e tolleranza contro l’odio online: al via la campagna #Ispeakhuman
L’odio online è letteralmente esploso nelle vite di tutti i giorni, invadendo i sempre più frequentati social network.
L’hate speech, il discorso d’odio, ha ripercussioni serie e gravi sulla vita di chi lo subisce: spesso si tende a sottovalutare quello che avviene sul web, pensando che per natura sia meno “importante” di ciò che accade nella vita reale, ma non è così.
In Italia, secondo dati Conacy, 1 ragazzo su 4 è vittima di cyberbullismo, e ogni giorno nel 60% delle scuole del Paese si registra un qualche episodio di bullismo.
Secondo quanto dichiarato dall’Unesco, sono tre gli step fondamentali per contrastare l’odio online: monitorare, prevenire ed educare.
Ecco da dove nasce la Mappa dell’Intolleranza di Vox – Osservatorio italiano sui diritti e la campagna #Ispeakhuman, nata dalla collaborazione con il Liceo Scientifico Bottoni e l’Università Cattolica a Milano e lanciata in prossimità delle elezioni europee di maggio.
“La mappa analizza l’hate speech tramite un software esclusivo, identificando sei cluster considerati a rischio: donne, ebrei, mussulmani, disabili, migranti e omosessuali.
Noi monitoriamo anno per anno”, racconta Silvia Brena, co-fondatrice di Vox. “Questo è il quarto anno. Siamo partiti a dicembre, ma abbiamo deciso di estendere la rilevazione fino alle elezioni europee, considerato che questo è uno dei momenti di massima tensione online”.
“Il progetto #Ispeakhuman nasce proprio dalle linee guida dell’Unesco, e in particolare da “prevenire” ed “educare”. Per combattere i discorsi d’odio, è provato, non serve opporsi usando lo stesso linguaggio, ma è necessario lavorare sullo spettro positivo delle emozioni”.
Una contro-narrazione intrisa di positività quindi, per combattere i bias negativi, gli stereotipi su cui si fonda l’hate speech.
La cifra narrativa, spiega la co-fondatrice di Vox, è quindi quella di favore il linguaggio dell’inclusione. Ma prima di arrivare alla produzione dei contenuti che fanno parte della campagna, aggiunge Brena, il percorso è lungo: i ragazzi prima parlano con giuristi e psicologi, che spiegano loro l’impatto che gli hate speech hanno.
“La prima cosa è renderli consapevoli della portata dell’odio che viene rilasciato. Spesso ci è capitato che ci fossero dei coming out, sia di vittime, sia di aggressori.
Quando i ragazzi capiscono che non è normale essere vittimizzati o essere bulli e che i traumi che subiscono o causano avranno delle ripercussioni, lì cambiano: diventano alfieri di questa battaglia”.