CULTURA E EVENTI

CINEMA: Salvatores, un viaggio per amare la diversità

L'autismo e l'essere padri in Tutto il mio folle amore, da 24/10

“Visto da vicino, nessuno è normale. E si può scoprire che è possibile riuscire ad amare anche chi è diverso da noi.

A patto di non aver paura di questa diversità”, ha detto Gabriele Salvatores parlando di ‘Tutto il mio folle amore’, già fuori concorso a Venezia 76 e ora in sala con 01 dal 24 ottobre.

Tratto liberamente dal romanzo di Fulvio Ervas ‘Se ti abbraccio non aver paura’ (Marcos Y Marcos), il film, sceneggiato con Umberto Contarello e Sara Mosetti, racconta di Vincent (interpretato dal talentuoso esordiente Giulio Pranno), un ragazzo affetto da autismo, e del padre che non vede da 16 anni e non sa neppure della sua condizione.

Sono passati sedici anni non facili per nessuno: né per Vincent, immerso in un mondo tutto suo, né per sua madre Elena (Valeria Golino) e per il suo compagno Mario (Diego Abatantuono), che lo ha adottato.

Willi (Claudio Santamaria), che voleva fare il cantante, è il padre naturale del ragazzo e trova finalmente il coraggio di andare a conoscere quel figlio che non ha mai visto e scopre che non è proprio come se lo immaginava.

“L’autismo è una delle caratteristiche di questo ragazzo, ma non è un film sull’autismo, piuttosto sugli incontri tra padri e figli, crescita e miglioramento per tutti”, ha detto Valeria Golino che curiosamente si ritrova in un film sul tema a distanza di molti anni da Rain Man che aveva girato in America con Tom Cruise e Dustin Hoffman nel 1988.

“Trent’anni fa non se ne parlava affatto, ora sono altri tempi, abbiamo molta più consapevolezza e molti meno pregiudizi, anche se tanti persistono”, ha aggiunto.

Di lato c’è un tema ricorrente nei film del premio Oscar Salvatores: “Il viaggio, quello esteriore e quello interiore”. E al centro il tema della paternità, anzi delle paternità, “racconto due modi di essere padri, l’istintivo Willi-Santamaria che agisce di pancia, non sa niente di suo figlio, dei problemi che ha, e il razionale Mario-Abatantuono, un orsone che si prende responsabilità non sue e adotta il ragazzo.

La mancanza dei padri è uno dei grandi problemi, padri – ha sottolineato Salvatores – che diventano amici dei figli invece di essere i loro padri”. Claudio Santamaria (l’altro padre) racconta la bellezza della figura del suo personaggio che, proprio perché non conosce il figlio, lo tratta alla pari e senza falso pietismo, “per scoprire poi alla fine del viaggio tutto il folle amore per il ragazzo. Del resto padri non si nasce, si impara ad esserlo”.

Giulio Pranno, al debutto, è andato in America a conoscere il vero Andrea Antonello, il giovane autistico del libro di Ervas: “Mi ha aperto gli occhi, io non dovevo esserne una copia, né una macchietta, ma vederlo, capire il suo magnetismo, la sua persona coraggiosa, briosa è stato decisivo”.

(ANSA)

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