CRONACA

Coronavirus: donazione di Dolce & Gabbana ai ricercatori dell’Humanitas University

“Sentivamo di dovere fare qualcosa per combattere questo devastante virus che, a partire dalla Cina, sta colpendo l’umanità intera. In questi casi è importante fare la scelta giusta.

È per questo motivo che abbiamo pensato che Humanitas University fosse l’interlocutore ideale: una realtà speciale per eccellenza e umanità, con la quale abbiamo già collaborato per un progetto di borse di studio”.

Così Domenico Dolce e Stefano Gabbana spiegano in un comunicato stampa la decisione di fare una donazione a favore della Humanitas University per sostenere uno studio mirato a chiarire le risposte del sistema immunitario al Coronavirus SARS-CoV-2, coordinato dal professore Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, con la professoressa Cecilia Garlanda di Humanitas University, e con i professori Elisa Vicenzi e Massimo Clementi dell’Università Vita-Salute San Raffaele, che per primi in Italia hanno isolato il patogeno responsabile della SARS.

“Di fronte a queste tragedie dalle dimensioni così vaste, ogni azione può sembrare poco rilevante. Ma quando il professor Mantovani ci ha raccontato la favola africana che narra di un colibrì, che mentre tutti gli altri animali fuggono a causa di un incendio divampato nella foresta vola nella direzione opposta continuando a portare l’acqua per cercare di spegnere l’incendio, abbiamo capito che comunque valeva la pena fare qualcosa.

Anche un gesto piccolissimo può avere un significato enorme. Supportare la ricerca scientifica è per noi un dovere morale, speriamo che il nostro contributo possa essere d’aiuto per risolvere questo drammatico problema”, spiegano i due stilisti.

Il professor Mantovani da anni concentra i propri studi sui meccanismi di funzionamento dell’immunità innata, la nostra prima linea di difesa contro le infezioni causate ad esempio da virus e batteri, della quale ha contribuito a scoprire nuove molecole e funzioni: fra queste la famiglia delle pentrassine lunghe, identificata all’inizio degli anni ’90.

“Questi antenati funzionali degli anticorpi, fra cui PTX3 hanno un ruolo essenziale nella resistenza a diverse classi di virus e altri patogeni, da quelli più comuni come l’influenza a citomegalovirus e funghi”, spiega Mantovani.

“Prodotti dal nostro organismo in risposta a un’infezione, riconoscono alcune classi di ‘nemici’ che entrano in contatto con il nostro corpo e ne facilitano l’eliminazione, segnalandoli ai ‘soldati’ del sistema immunitario incaricati di affrontarli e distruggerli.

La sfida, ora, sarà vedere se queste molecole di difesa presenti nei liquidi biologici (fra cui il sangue) sono in grado di riconoscere il coronavirus SARS-CoV-2 e di svolgere un ruolo di difesa dall’infezione.

Uno studio che può dare un contributo ad affrontare un problema di salute globale, aprendo le porte ad interventi diagnostici, ad esempio biomarcatori di gravità di malattia, e terapeutici”.

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