Neil Diamond, gli 80 anni di un maestro evergreen
Domani Neil Diamond, il cantante e l’autore di “September Morning”, “I’m a Believer”, “America”, “Sweet Caroline”, compie 80 anni.
In Italia il suo nome è sicuramente meno conosciuto che nel mondo anglosassone, dove ha venduto 100 milioni di copie, è stato introdotto nella Hall of Fame del Rock’n’Roll, ha ricevuto il Kennedy Center Honor, ha la stella sulla Walk of Fame.
Nel 2008 al festival di Glastonbury al suo concerto c’erano più di centomila persone. Neil Diamond è nato da una famiglia ebrea di Brooklyn e si è fatto una lunga gavetta come autore tra Tin Pan Alley e il Brill Building, il leggendario palazzo di Manhattan che ospita gli uffici dove, negli anni ’60, sono state scritte alcune delle canzoni più famose della musica americana.
A far girare le cose in modo positivo è stata “I’m a Believer”, clamoroso successo dei Monkees che, con il titolo “Sono bugiarda” è stata una hit di Caterina Caselli. Poi grazie a “Cherry Cherry” e “Kentucky Woman” si è messo in proprio, ai tempi della British Invasion, trovandosi anche a fare da spalla ai concerti degli Who.
Col tempo Diamond si è imposto con una formula a metà strada tra il rock, il pop, il country, uno stile che ha sempre fatto breccia nei gusti del pubblico americano ma non solo: basti pensare che nel 1978 è stato invitato da Robbie Robertson, che gli ha prodotto un album, a cantare in “The Last Waltz”, il concerto filmato da Martin Scorsese che ha segnato l’addio alle scene della Band. Negli anni ’70 a Las Vegas il suo cachet era quasi di un milione di dollari a sera e ai suoi concerti nelle prime file c’era il Gotha di Hollywood.
Con alti e bassi la sua carriera è arrivata fino agli anni 2000, tra duetti con Barbra Streisand, “You Don’t Bring Me Flowers”, colonne sonore, tre matrimoni, qualche vicenda giudiziaria legata a questioni di diritti: e comunque nel periodo il 1991 e il 2011 solo negli Stati Uniti ha venduto più di 17 milioni di copie.
Questo dato riassume la storia di Neil Diamond, un cantautore che è riuscito a raggiungere lo status di “classico”, capace di scrivere una sorta di inno alternativo come “America”, che piaceva a Muhammed Ali, di andare d’accordo con i rocker (nel 2005 “12 Songs” è stato prodotto dal guru Rick Rubin) ma anche di cantare per George W. Bush.
Un esempio tipico di evergreen. Da qualche anno Neil Diamond si è ritirato dalle scene perché ha cominciato la sua battaglia con il Parkinson.
(ANSA)