CRONACA

Altro che Festa della Donna: in 99mila sono rimaste senza lavoro causa Covid

Altro che festa: oggi 8 marzo 2021, giornata internazionale della donna, la seconda in epoca Covid19, è quanto mai utile mettere nero su bianco i numeri di una crisi economica e occupazionale che si ripercuote maggiormente sulle donne.

99mila donne senza lavoro contro 2mila uomini: il dato è eloquente, tanto più se si pensa che è ancora in vigore il blocco dei licenziamenti. 101mila i lavoratori che hanno perso il lavoro a dicembre 2020: di questi, pressoché la totalità è composta da donne.

Una situazione certificata dai dati Istat, ma non solo: a misurare l’incredibile impatto della crisi economica da Covid sulle donne sono studi, ricerche e indagini internazionali.

E lì dove non si è perso il lavoro, si guadagna comunque di meno. Altro che Festa della Donna.

L’Italia è uno dei Paesi europei in cui è più accentuato il gender pay gap, ovvero la differenza salariale fra uomini e donne.

A sottolinearlo, nel suo discorso programmatico al Senato, è stato anche il neo presidente del Consiglio Mario Draghi

L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo.

Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.

In particolare al  Sud, giovani e donne, sono le categorie più colpite dalle conseguenze del Covid sul mercato del lavoro, le tutele messe in campo dal governo, con il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione, hanno sicuramente tutelato di più i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, cioè in sostanza, chi era già in una posizione lavorativa più stabile anche prima della pandemia. Un esempio lampante : il lavoro a tempo determinato, ha fatto registrare un calo del 13,4% da inizio anno 2020 e continua ora, simile a quello del Pil.

La maggiore diminuzione degli occupati al Sud potrebbe essere legata alle caratteristiche della struttura produttiva del territorio, più orientata verso il turismo e i settori collegati, direttamente colpiti dagli effetti della pandemia ma è altrettanto evidente che la flessione più marcata delle attivazioni nette (attivazioni meno cessazioni) ha riguardato in tutte le regioni la fascia di età fra 15 e 24 anni anche a causa della maggiore diffusione dei contratti a termine tra i più giovani e qui la discriminazione femminile è multipla tra le giovani per le quali la riduzione delle posizioni lavorative durante le restrizioni le ha penalizzato in particolare riflettendo la maggiore presenza di donne giovani nei settori economici più colpiti dagli effetti della pandemia.

 

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