Torna a splendere l’Aurora di Guido Reni
Un giovane Apollo, bellissimo e biondissimo, che a torso nudo, avvolto solo da un mantello rosa guida il carro del sole con fare sfrontato, reggendo con una sola mano le briglie dei suoi quattro cavalli.
E davanti a lui l’Aurora, che vestita di veli caccia via leggiadra l’oscurità della notte.
Dipinto nel 1614 per il Casino di Scipione Borghese, gioiello barocco che il ricco e mecenate cardinale romano si era fatto costruire per la sua nuova villa al Quirinale, sopra a quanto restava delle Terme di Costantino, torna a splendere dopo un lungo restauro l’Aurora Pallavicini di Guido Reni, considerato uno dei più straordinari affreschi del Seicento.
E la presentazione del lavoro, commissionato dalla principessa Maria Camilla Pallavicini alle restauratrici Laura Cibrario e Fabiola Jatta anticipa di un mese la grande mostra che la Galleria Borghese dedicherà proprio al pittore bolognese.
“Un restauro di immenso valore e una storia di grande collaborazione tra le istituzioni, tra pubblico e privato”, commenta il ministro della Cultura Franceschini, “Un cantiere che ci ha permesso di avvicinarci alla pura bellezza per tre mesi consecutivi”, sottolineano soddisfatte le due restauratrici, che descrivono questo lavoro come “Una continua scoperta e un grande piacere dei sensi e dell’intelletto”.
Uomo raffinato, collezionista e mecenate, Scipione era preso da mille progetti, tanto che dopo essersi tanto speso per il sogno di quella villa al Quirinale finì per rivenderla quasi subito – era il 1616 – al cardinale Altemps. Chissà forse era troppo piccola per ospitare le sue collezioni d’arte, ragionano le restauratrici, fatto sta che alla fine il palazzo di Montecavallo, com’era chiamato, finisce per passare di mano in mano fino a diventare l’abitazione della famiglia Rospigliosi Pallavicini. E non è finita lì.
Quando i due rami della famiglia si dividono finisce divisa anche la villa: da una parte il palazzo e il giardino, dall’altra il Casino dell’Aurora, che resta alla famiglia Pallavicini.
Tant’è, l’affresco con l’Apollo che guida il carro del sole che Scipione fece dipingere a Reni sulla volta della sala centrale del Casino doveva essere una chiara autocelebrazione del cardinale, sottolineano le storiche dell’arte, “che così si proponeva come un novello Apollo trionfante sulle tenebre”.
Un capolavoro che a dispetto delle sue grandi dimensioni (7.8 metri per 2,8) Guido Reni portò a termine in soli sette mesi e che gli fruttò 250 ducati.
Il restauro, spiegano Jatta e Cibrario, ha portato alla luce altri tre interventi che erano stati fatti nel tempo sull’affresco, il primo nel 1849 al quale fece seguito un secondo intervento negli anni Venti del Novecento e poi un terzo negli anni Settanta.
E non solo: una serie di analisi non invasive “hanno confermato che la tavolozza dell’artista è composta prevalentemente da colori compatibili con la calce, ma non mancano pigmenti come il bianco di piombo, il giallorino, il lapislazzuli e l’azzurrite, che non reggendo la causticità della calce sono stati utilizzati a secco, addizionati a leganti di natura proteica”.
Non sono state trovate tracce del riporto del disegno, sottolineano, “ma è probabile che Guido Reni, grande disegnatore, abbia riportato il progetto direttamente sull’intonaco, probabilmente utilizzando un quadrettato”.
Entusiasta, il ministro della Cultura ringrazia la famiglia Pallavicini e torna a battere sul tema del rapporto tra pubblico e privato per la salvaguardia del patrimonio d’arte.
Il restauro dell’Aurora, dice Franceschini, “è un’ esperienza di successo che impone a tutti, a partire dal ministero, di lavorare con ancora maggiore convinzione alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale sia statale che privato”.
E l’Italia “dovrebbe avere maggiore consapevolezza dell’importanza di questa ricchezza unica che abbiamo”, insiste ricordando che la collaborazione tra lo Stato e i privati “è perfettamente in linea con i dettami della nostra Costituzione”.
È importantissima la parte pubblica, sottolinea il ministro, “ma è anche larghissima e diffusa la bellezza di arte e cultura di proprietà dei privati che è giuridicamente patrimonio di questi ultimi, ma appartiene alla ricchezza del Paese”.
Intitolata Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura, la mostra che si apre il 1 marzo alla Galleria Borghese, curata dalla direttrice del Museo, Francesca Cappelletti, riporterà l’attenzione del grande pubblico sul maestro del Seicento con oltre 30 opere che a trent’anni di distanza dall’ultima mostra italiana ne celebreranno il genio.
Capolavori che in qualche modo “tornano a casa” ospitati in un’altra magnificente dimora del potente Scipione Borghese.
ANSA