Omicron, da inizio maggio in Italia BA.5 è aumentata dallo 0,4 al 13%
Il dato calcolato dal Ceinge. Zollo, possibile una nuova ondata ma in Italia servono più dati
La sottovariante di Omicron BA.5 ha raggiunto in Italia la diffusione di almeno il 13%, dallo 0,41% rilevato dall’Istituto Superiore di Sanità all’inizio di maggio.
Il nuovo dato è stato calcolato per l’ANSA dai bioinformatici del Ceinge Biotecnologie avanzate, sulla base delle sequenze genetiche depositate dall’Italia nella banca dati internazionale Gisaid, che raccoglie le sequenze del virus Sars-CoV-2 depositate da tutto il mondo.
“Sebbene inficiato da un elevato grado di incertezza a causa del basso numero di sequenze depositate in Gisaid, il dato italiano appare simile a quello osservato a livello globale”, osserva Angelo Boccia, che ha elaborato i dati e che lavora nel gruppo di Bioinformatica del centro, coordinato da Giovanni Paolella.
In generale nel mondo, la diffusione delle sottovarianti BA.5, BA.4 e BA.5.1, è complessivamente di circa il 20%. “In particolare, in Italia, la forma BA.5, prosegue l’esperto – appare in sensibile aumento, arrivando a rappresentare una frazione pari a circa il 13% del totale delle sequenze pubblicate in Gisaid nelle ultime due settimane”.
Attualmente Gisaid include 67 sequenze classificate come BA.5, per la quasi totalità derivanti da Umbria, Lombardia ed Emilia Romagna.
La sottovariante BA.5 è stata recentemente messa sotto osservazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) con BA.4, come accade per le varianti che destano preoccupazione (Voc, Variant of Concern), ossia le varianti del virus SarsCov2 che mostrano segni di un possibile vantaggio di trasmissione rispetto alle altre in circolazione e che hanno nuove mutazioni capaci di facilitare la trasmissione del virus. BA.4 e BA.5, per esempio, condividono con BA.2 l’insieme di mutazioni della proteina Spike, con l’aggiunta di tre mutazioni nella proteina Spike, che il virus utilizza per agganciarsi alle cellule umane, chiamate L452R, S:F486V e Q493.
Secondo un recente rapporto della UK Health Security Agengy già a metà maggio, in diversi paesi, tra cui UK, USA, Sud Africa, Francia e Germania, la velocità di sostituzione di BA.2 da parte di BA.4 e BA.5 era comparabile a quella osservata per BA.1 da parte di BA.2.
Zollo, possibile una nuova ondata ma in Italia servono più dati
Che la sottovariante di Omicron, BA.5, possa causare una nuova ondata di Covid-19 “è possibile, anche se sarebbero necessari più dati sulla sua circolazione in Italia”; quello che è chiaro è che “il virus cerca di agganciarsi alle cellule in modo più efficiente”, osserva il genetista Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge e docente di Genetica dell’Università Federico II di Napoli.
“Dal 25 maggio a oggi sono state depositate dall’Italia 219 sequenze del virus SarsCoV2 e, di queste, 29 sono della sottovariante BA.5: è chiaro che con numeri come questi non è possibile tracciarla con esattezza in italia.
Sui 28.646 casi positivi del 7 giugno, 219 sequenze depositate sono davvero molto poche. Sappiamo che provengono da Umbria Lombardia ed Emilia Romagna, ma è probabile che la BA.5 sia presente anche in altre regioni”, rileva Zollo.
“In generale ci sono pochi dati per dire se BA.5 potrà generare una nuova ondata, ma la preoccupazione c’è”.
Attualmente il Portogallo è il Paese in cui questa sottovariante circola maggiormente, con il 38% dei casi, Un fenomeno, questo, che potrebbe essere legato ad almeno due fattori: da un lato al basso livello della vaccinazione con la dose booster nel Paese, dall’altro al fatto che il Portogallo potrebbe essere il porto di arrivo di nuovi mutanti in Europa, per esempio provenienti da Paesi in cui in questo periodo il clima è più umido e freddo, come quelli del Sud America.
Nel resto d’Europa si hanno segnalazioni della BA.5 in Austria, Svizzera, Germania, Irlanda, Gran Bretagna, Danimarca e Italia.
Ad avvalorare l’ipotesi di una possibile nuova ondata ci sono anche i dati pubblicati recentemente sulla piattaforma BiorXiv, che accoglie studi non ancora sottoposti alla revisione della comunità scientifica, frutto di una ricerca condotta in Giappone, dall’Università di Tokyo: indica che la sottovariante BA.5 ha tre mutazioni che le permettono di agganciarsi più facilmente alle cellule umane, chiamate L452R (acquisita di recente da BA.5 e in BA.4, in quanto mancava in BA.2 e BA.1, F486V (anche questa c’è in BA.5 e BA.4ma non in BA.2 e BA.1) e R493Q (che corrisponde alla perdita di mutazione che si era osservata in di BA.2 e BA.1).
“La stessa ricerca – prosegue Zollo – utilizzando anticorpi di pazienti che hanno avuto l’infezione e di altri che hanno avuto il vaccino, indica che la BA.5 può aggirarli”.
La cautela è d’obbligo, aggiunge il genetista, “considerando che si tratta di una ricerca non ancora sottoposta a revisione scientifica”, ma “merita attenzione” e “suggerisce che non dovremmo considerare solo le mutazioni nella proteina Spike del virus, ma anche quelle in altre regioni, come la N. Dovremmo utilizzare nuove regioni antigeniche o nuove tipologie di vaccini”.
ANSA