La debacle del Pd accelera i tempi del Congresso
Da Bonaccini a Schlein ecco chi può succedere a Letta
Si apre la successione nel partito uscito pesantemente sconfitto dalla tornata elettorale. Il presidente dell’Emilia Romagna: “Ripartiamo dai territori”. In lizza anche Decaro e Ricci.
Lo scollamento dai bisogni del popolo, la precarizzazione del lavoro, la sanità, la giustizia sociale: temi assenti dalla campagna elettorale del Pd che gli operai di Stellantis Mirafiori, cuore operaio di Torino che oggi vive una vera crisi di identità politica. Nel corso della trasmisisone Presadiretta di lunedì, all’indomani delle elezioni, gli operai parlano ai microfoni di Riccardo Iacona. “Iscritti alla Fiom, ma votiamo Fdi”, dice un uomo di mezza età prima di entrare in fabbrica. Il Pd? “Ha approvato il Jobs Act, contribuendo alla precarizzazione del lavoro, e votato la legge Fornero, ci ha abbandonato”, risponde un altro. Da qui al voto per Fratelli d’Italia o per la Lega il passo è breve. Preferenze, bisogna ricordarlo, che un tempo andavano senza se e senza ma a sinistra.
Il risultato elettorale, bollato dallo stesso segretario Letta come “deludente”, tanto da indurlo a una presa d’atto e al passo indietro, appare inaspettato. Almeno stando alle reazioni interne. Anche se i segnali c’erano da anni e per anni sono stati ignorati, sussurra qualcuno. Il congresso si farà tra qualche mese, mentre già si prova a capire chi potrà succedere alla fallimentare segreteria di Letta. Basterà un nuovo volto o serviranno lavori congressuali che traccino la strada verso un Pd diverso?
Bonaccini: ripartire dai territori
Già colano fiumi di inchiostro intorno alle ipotesi sulla successione. Il nome più pronunciato, quello che può portare alla rigenerazione necessaria, è per ora quello di Bonaccini, attuale presidente dell’Emilia Romagna, che però già allontana l’ipotesi da sé. “Non è il momento di fare nomi”, dice. Ma si fa portavoce convinto della necessità di tagliare la testa alle correnti e ripartire dai territori, smantellando quei “meccanismi perversi” che hanno allontanato il partito dalla gente e portato alla debacle. La ricetta è un sussurro che sta già salendo di tono. Perché, come dice Matteo Ricci, sindaco di Pesaro che per primo ha sperimentato con successo l’alleanza con il M5Stelle, “il Pd deve tornare nella provincia dalla quale è sparito“. Su Facebook scrive: “Dovremo fare un’opposizione dura, ricostruire e ripensare tutto dal basso. Due cose già da dire: il problema non era il campo largo, ma non essere riusciti a farlo. Ripartiamo dai sindaci progressisti e riformisti”.
Antonio Decaro ci va giù in maniera ancora più pesante. “E’ l’ora di smantellare il modello cu cui si fonda il Pd”, ha detto il sindaco di Bari, “o saremo capaci, finalmente, di azzerare questi meccanismi perversi e di ritornare a parlare alle persone – sottolinea – o la sconfitta perpetua alle elezioni politiche sarà il nostro ineluttabile destino”. Una rivoluzione interna insomma che non manca di spaventare i “potentati”, quei “capicorrente” contro cui punta il dito Bonaccini e che, nota il Corriere, sono sopravvissuti a tutte le segreterie, compresa quella di Renzi.
Si fa strada l’ipotesi Schlein
Ma il congresso potrebbe riservare sorprese e, dando retta al segretario uscente, puntare sulla novità, magari donna e che già ha dato prova di saper parlare alla gente. Una su tutte: Elly Schlein, classe 1985. Neoeletta come indipendente tra le file del Pd, detta la “Alexandra Ocasio Cortez italiana”, attuale vicepresidente dell’Emilia Romagna, già tesserata Pd ma uscita dalle sue file nel 2016 perché in contrasto con il Jobs Act di Renzi e rientrata di recente dopo un periodo in Possibile, resta il nome che più si identifica con l’urgenza di voltare pagina. A remare a favore, oltre al segretario uscente, è anche Romano Prodi. Resta forte l’incognita che arriva dalla constatazione che mai le donne, salvo rare eccezioni, hanno trovato posto nella stanza dei bottoni del Pd, come del resto le stesse esponenti hanno tenuto a denunciare alcuni anni fa.
Se ci sia una resistenza o meno verso Schlein, che si è già fatta strada in termini di notorietà, lo si vedrà durante i lavori congressuali che potrebbero avere inizio già a gennaio, come nelle intenzioni di Letta. Nella peggiore delle ipotesi febbraio o marzo saranno mesi determinanti. La sinistra interna ha sempre presentato un suo candidato, per questo si attendono parole e opere di Andrea Orlando e Peppe Provenzano. Lorenzo Guerini (leader della corrente Base Riformista), da parte sua, porta a casa il congresso anticipato e sorride all’ipotesi Bonaccini. Nell’attesa di capire poi la posizione di Franceschini, altro big indiscusso del partito. La strade verso il congresso è tracciata, e molti sottolineano la necessità di non focalizzarsi troppo sui nomi: servono politiche convincenti che riportino i voti (della sinistra?) a casa.
di
Tiscali news