Covid, Crisanti: Speranza sapeva ma non agì in tempo
'Ignorato per 16 anni il rischio di una pandemia in Italia'
Già dal 12 febbraio 2020, ossia otto giorni prima del Paziente 1, i componenti “prima della della task force del ministero e poi del Cts, conoscevano “la situazione di vulnerabilità in cui si trovava l’Italia di fronte alla la pandemia di Covid” e tuttavia decisero di secretare il piano che avrebbe potuto salvare migliaia di vite.
Lo scrive il microbiologo Andrea Crisanti nella consulenza depositata alla Procura di Bergamo.
Nell’inchiesta coinvolti 19 indagati, tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Speranza e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. “Per 16 anni”, dal 2004 al 2020 – aggiunge Crisanti -, non era “mai stata verificata la preparazione dell’Italia nei confronti di un rischio pandemico
L’Italia, quando scoppiò l’epidemia di Covid, “aveva un manuale di istruzione, questo era il piano pandemico.
Se poi ha affrontato la pandemia senza un manuale è perché questo (…) è stato scartato a priori senza essere valutato dai principali organi tecnici del ministero”, ai quali l’ex ministro Speranza “fa riferimento (…) quando afferma che il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale”: scrive il microbiologo Andrea Crisanti nella relazione agli atti dell’inchiesta di Bergamo sulla gestione del Covid in val Seriana a carico, tra gli altri, dell’ex premier Conte e Speranza.
“La ragione per la quale azioni più tempestive e più restrittive non sono state prese la fornisce il presidente Conte – si legge nella consulenza di Crisanti – quando nella riunione del 2 marzo 2020 afferma che ‘la zona rossa va utilizzata con parsimonia perché ha un costo sociale politico ed economico molto elevato’. Queste considerazioni hanno prevalso sulla esigenza di proteggere gli operatori del sistema sanitario nazionale e i cittadini dalla diffusione del contagio”.
Toccherà al Tribunale dei Ministri di Brescia valutare la posizione dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza, tra gli indagati dalla Procura di Bergamo nell’inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana, la zona più colpita d’Italia e dove tra la fine di febbraio e i primi di marzo 2020 la diffusione del virus era oramai “incontrollabile” a causa, secondo la prospettazione dell’accusa, di una serie di ritardi e omissioni dovuti alla mancata istituzione della zona rossa e alla non applicazione del piano pandemico influenzale del 2006, quello che tre anni fa era in vigore in quanto mai aggiornato.
“Ora denunce per non aver chiuso a sufficienza, in precedenza invece per aver chiuso”, ha commentato l’ex premier Giuseppe Conte, che ha detto di aver riferito alla Procura sulla zona rossa e di essere “tranquillo”. I pm bergamaschi hanno inviato, intanto, gli atti relativi alle posizioni dell’allora Capo del Governo e ora presidente di M5S e dell’attuale deputato di Articolo 1 ai colleghi bresciani.
Faldoni di carte che ora il Procuratore Francesco Prete con i suoi sostituti hanno cominciato ad esaminare. Come prevede la legge avranno tempo 15 giorni, non per indagare, ma solo per ‘studiare’ la documentazione per poi inviarla al collegio composto da tre giudici con eventuali richieste istruttorie.
In questo caso il Tribunale dei Ministri entro 60 giorni dovrà decidere se consentire ulteriori approfondimenti, altrimenti entro 90 giorni dovrà compiere le indagini preliminari in seguito alle quali potrà disporre o l’archiviazione (non si può impugnare) o la trasmissione al Procuratore affinché chieda l’autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza. Secondo gli accertamenti Conte e Speranza hanno due posizioni differenti.
Entrambi rispondono di epidemia colposa aggravata ma per due diversi fatti. L’ex presidente del Consiglio è accusato di non aver istituito la zona rossa nel comuni di Nembro e Alzano Lombardo nonostante “l’ulteriore incremento del contagio” in Lombardia e “l’accertamento delle condizioni che (…) corrispondevano allo scenario più catastrofico”.
Una contestazione, questa, che non riguarda Speranza che risponde solo per la mancata attuazione del piano pandemico. Infatti l’allora responsabile del dicastero di Lungotevere Ripa aveva firmato una bozza di decreto con cui proponeva di estendere la misura urgente di “contenimento del contagio” già adottata nel Lodigiano, ai due comuni della Bergamasca.
Tale bozza invece non venne sottoscritta da Conte. Il quale, quando nel giugno 2020 venne sentito a Roma dai pm di piazza Dante come persona informata sui fatti, aveva spiegato di aver agito “in scienza e coscienza” assumendosi la responsabilità di una scelta politica che arrivò dopo un confronto all’interno del governo e tra l’esecutivo e gli esperti.
Una scelta. disse, che fu condivisa con la Regione Lombardia che, come previsto dalla legge, avrebbe potuto agire anche autonomamente.
Per questo ora è indagato pure il governatore Attilio Fontana. Anche lui, in base alla ricostruzione, con due mail del 27 e 28 febbraio 2020, inviate a Palazzo Chigi, aveva chiesto di mantenere misure più blande (da zona gialla) nonostante “avesse piena consapevolezza” della situazione e senza segnalare “alcuna criticità” nonostante l’indice di trasmissione avesse raggiunto la soglia del 2. Dunque il non aver voluto questa seconda zona rossa in Lombardia, per i pm, ha comportato la diffusione dell’epidemia” con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone” morte. “Ci abbiamo messo il massimo impegno, lavorando giorno e notte.
Siamo stati accusati di tutto e il contrario di tutto, ho avuto denunce in tutte le procure d’Italia per aver chiuso. Sono stato accusato di essere un pazzo criminale e liberticida e adesso invece” ci sono “anche denunce per il fatto di non aver chiuso a sufficienza”, ha commentato ancora oggi Conte che ha ripetuto di essere “assolutamente tranquillo e a disposizione: ho già fornito ai procuratori tutte le informazioni in mio possesso e adesso se ci sarà una nuova occasione fornirò ancora la massima disponibilità”.
Infine, mentre Fratelli d’Italia, con Galeazzo Bignami, chiede una commissione d’inchiesta sulla pandemia, il Procuratore di Bergamo Antonio Chiappani già ieri ha aperto un fascicolo sulla fuga di notizie in quanto i nomi degli indagati sono stati pubblicati la sera prima della notifica dell’avviso di conclusione dell’indagini.
ANSA