Tornano i Foo Fighters, il potere catartico del rock
Il 2 giugno esce But Here We Are, dopo la scomparsa di Hawkins
Dave Grohl è uno degli artisti più positivi e resilienti della storia del rock.
Come scrive a ragione la storica testata inglese New Musical Express, “la ragione per cui quei potenti inni fatti di perdite e cuori spezzati sono in grado di far sentire simili l’uno all’altra decine di migliaia di persone in uno stadio è per l’incoercibile positività che Grohl e la sua gang hanno sempre trasmesso.
Dal momento in cui Dave ha formato la band nel 1994 dopo la morte di Kurt Cobain, i Foo Fighters hanno costantemente detto alla gente che le cose possono andare e andranno meglio”.
But Here We Are (ma noi ci siamo) è un titolo che racconta il senso del nuovo album dei “Foos”: ancora una volta il tema è il lutto da elaborare, mancanze strazianti da trasformare in energia vitale. In poco tempo sono morti Taylor Hawkins, il prodigioso batterista che, anche nella vita, era il socio di Dave Grohl, la sua evoluzione musicale e il suo amico ideale, e l’adorata madre Virginia.
E così Grohl ha scelto di curarsi ancora una volta con la musica ripartendo da dove tutto è cominciato: dalla batteria che torna a suonare nelle dieci tracce del disco, registrato in gran segreto e in uscita il 2 giugno.
Nel frattempo sui social impazza il dibattito se Josh Freese sia il batterista ideale per sostituire il povero Taylor Hawkins: Freese è un protégé di Vinnie Colaiuta, uno dei giganti del drummin’ contemporaneo, ha un’esperienza enorme (Sting, Weezer, Guns ‘n Roses, Nine Inch Nails) e una tecnica strabiliante: sicuramente uno che ne ha viste di tutti i colori e la sa abbastanza lunga per affrontare un compito così gravoso.
Tornando al nuovo album, Dave Grohl ha diviso in dieci canzoni un percorso che dal buio di un dolore così straziante da soffocare gli istinti vitali passa dall’accettazione e arriva all’energia salvifica per immaginare un domani.
Il rock’n’roll ha questa potenza: ti fa guardare negli occhi i tuoi mostri, ma ti dona conforto e te li fa esorcizzare anche attraverso il rito collettivo della condivisione con il pubblico.
È anche il messaggio di But Here We Are in cui i fan possono trovare brani che sembrano già concepiti per essere cantati in uno stadio con la miscela di pop e rock urlato che è alla base del successo planetario dei Foo Fighters.
In Show Me How Grohl canta insieme alla figlia Violet, unico ospite dell’album, una ballad a tempo medio che nella melodia nasconde il senso di smarrimento.
Rescued, il brano di apertura, detta il senso musicale dell’opera con il suo mix tra il canto urlato molto rock, il muro di chitarre ma una melodia pop, Under You è un rock pop molto dritto con classico ritornellone: “Qualcuno ha detto che non vedrò mai più la tua faccia, una parte di me non può credere che sia vero, fotografie di noi che condividiamo canzoni e sigarette, è questa l’immagine di te che conserverò per sempre”, Hearing Voices sposta il clima verso suoni più post punk, con atmosfere più cupe, Speak to Me My Love con le sue poche note di pianoforte è un momento più minimalista, But Here We Are, la title track, ha un groove di batteria complesso per una deriva rock che cerca salvezza con il canto urlato che sembra la terapia del Primal Scream, The Glass è una ballata che comincia con una chitarra acustica, Nothing At All ha un riff molto pop che ricorda Shame Shame e un ritornello urlato alla Nirvana, Beyond Me nella intro piano e voce è immersa in una malinconia alla Brian Wilson, poi la chitarra elettrica compare come a voler rappresentare un contraltare rock soprattutto nell’assolo che sembra ingaggiare una lotta con i cori.
E mentre il conclusivo Rest (Riposo) sembra il primo capitolo di un processo inevitabile: sfidare il dolore estremo per lasciare andare i propri cari.
Non a caso dai suoni leggeri dell’acustica si arriva alla chitarra elettrica e a una ritmica solenni, per poi concludere con il ritorno all’acustica. Il momento più sorprendente dell’album è The Teacher (mamma Virginia era un’insegnante), un brano di dieci minuti che ha una struttura quasi progressive per cambi di atmosfera e di situazione musicale, per il suo alternare momenti eterei a esplosioni che sfiorano il noise ma racchiudono le parole che riassumono il senso dell’album: “Prova a fare il massimo con l’aria che resta … contando ogni momento, vivendo respiro dopo respiro”.
ANSA