Recentemente il governatore lucano, Vito Bardi, ha puntato i riflettori sulla questione dello spopolamento della nostra regione, evidenziando che fra 20 anni perderemo oltre il 30% della forza lavoro, promettendo che focalizzerà tutti i suoi sforzi per contrastare questo preoccupante fenomeno.
I motivi per cui una persona sia costretta o scelga di abbandonare il luogo in cui è nato e cresciuto sono certamente molteplici e s’intersecano fra loro, le dinamiche si inseriscono in quadro socio-economico più ampio che riguarda non solo la nostra regione, ma la macroarea dell’Italia e dell’Europa meridionale, in un mondo ormai globalizzato ed iperconnesso.
La complessità del fenomeno non può e non deve tuttavia rappresentare una scusante per non agire e non cercare di trovare soluzioni. Altrimenti la politica a cosa servirebbe, se non è in grado di incidere su questi importanti problemi?
Probabilmente questa è una domanda che si sono fatti tantissimi cittadini e la risposta che si sono dati è facilmente riscontrabile nella continua diminuzione dell’affluenza in occasione delle tornate elettorali.
In Basilicata, come in altri territori, le motivazioni che generano un continuo flusso migratorio sono raggruppabili in due macroaree fra loro collegate, che s’intersecano e si alimentano reciprocamente in modo negativo: mancanza di lavoro, mancanza di servizi essenziali, ovvero carenze o addirittura assenze di servizi sanitari, di scuole e di trasporti.
“Come si può vivere in un luogo in cui manca anche solo uno di questi elementi fondamentali?”
È la domanda che si pone Michele Cataldi, portavoce dell’Unità di crisi sanitaria, che ormai da un anno sta portando avanti una lotta in difesa del diritto alla salute dei cittadini lucani e dei posti di lavoro delle strutture sanitarie accreditate. La risposta è purtroppo ovvia: “non si può”; e alla prima occasione si andrà via alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Fra queste aree socio-economiche critiche, il settore sanitario rappresenta probabilmente quello più delicato e fondamentale, soprattutto in una situazione in cui l’invecchiamento della popolazione è una questione sempre più cogente.
Intervenendo su di esso in modo attento ed intelligente si possono avere benefici di riflesso anche sulle altre aree.
Se è vero che non esiste una “soluzione onnicomprensiva” che inverta in un battibaleno il fenomeno dello spopolamento della nostra regione, è anche vero che affrontando le questioni una alla volta si può avanzare verso l’obiettivo finale di fermare l’abbandono della Basilicata.
Il diritto alla salute e, pertanto, la pronta accessibilità ai servizi sanitari pubblici è una questione dirimente sotto molteplici punti di vista.
Concentrarsi ed investire in sanità, oltre a garantire il diritto alla salute ai propri cittadini e a non costringerli ad andare in altre regioni, e quindi essere una questione etica imprescindibile, ha la peculiarità di generare tutta una serie di ulteriori benefici.
Creare (o al minimo non perdere) posti di lavoro, migliorare la qualità della vita dei cittadini, utilizzare risorse economiche nel proprio territorio che altrimenti vanno ai servizi sanitari di altre regioni e, di riflesso, diventare più attrattivi per medici e pazienti di altre regioni. In questo modo, oltre a impedire la fuga di medici e sanitari, si libererebbero o, addirittura, si aumenterebbero, le risorse non solo per migliorare la sanità lucana, ma anche per agire su trasporti ed altri servizi fondamentali.
“Fanno sicuramente riflettere le dichiarazioni d’intento del presidente Bardi – continua Cataldi – che, da un lato, afferma di voler mettere al centro dei suoi sforzi la lotta allo spopolamento e, dall’altro, non agisce con la necessaria determinazione sull’attuazione dell’art. 10 della legge di bilancio (di cui Bardi è stato tra l’altro il primo firmatario) fortemente voluto dall’Unità di crisi e approvato all’unanimità dal Consiglio regionale, che a costo zero e, allo stesso tempo, impatterebbe in modo positivo sulle liste di attesa e sull’uscita dalla crisi in cui versano le strutture sanitarie accreditate a causa della malaburocrazia”.
In Basilicata ci sono aziende sane che erogano servizi essenziali che, invece di essere tutelate, sembra che debbano essere costrette a chiudere o andare altrove.
Si veda il caso del centro “San Mauro” di Irsina già rappresentato dagli organi si stampa circa un mese fa.
I suoi sanitari resterebbero in Basilicata? E i cittadini di Irsina?
È una cosa che si deve fare subito, che non ha costi per la cittadinanza e che è di fondamentale importanza se si vuole agire per contrastare il fenomeno migratorio della nostra regione.
Non è solo l’Unità di crisi a dirlo: basti ricordare che la Strategia nazionale per le aree interne, che ha come referente di coordinamento l’Agenzia per la coesione territoriale, ha come primo obiettivo per contrastare lo spopolamento, di adeguare la quantità e qualità dei servizi di istruzione, salute e mobilità.
Siamo certi che il presidente Bardi, come più volte dimostrato, abbia a cuore la questione dello spopolamento e che comprenda bene come la crisi sanitaria sia strettamente legata al problema, e che intervenire immediatamente sulla crisi delle strutture sanitarie accreditate e quindi snellire le liste di attesa e salvaguardare i posti di lavoro, è un atto concreto e facilmente attuabile per tenere subito fede alle sue dichiarazioni e promesse.