CULTURA E EVENTI

Sami Modiano alla Sapienza, ‘Racconterò finché potrò’

Sopravvissuto ad Auschwitz: 'Il nostro il viaggio più lungo'

Sami Modiano lo ha giurato nel 2005, quando per la prima volta, dopo sessanta anni, è tornato ad Auschwitz.

Finché potrà, non si fermerà. E da allora, lui che a 14 anni è sopravvissuto proprio al campo di sterminio Birkenau, non si è più fermato, ha portato avanti quella che ha chiamato “una missione”.

Come questa mattina all’Università La Sapienza di Roma, quando a 93 anni, davanti a una platea di centinaia di studenti in presenza e 500mila collegati via streaming, ha raccontato gli orrori dell’Olocausto “perché non accada mai più”.

Era il giorno del suo 14esimo compleanno quando a Rodi, il 18 luglio 1944, “i tedeschi hanno deciso la deportazione degli ebrei”, circa 2mila persone, tra queste la sua famiglia: il papà Giacobbe, 45 anni, e la sorella Lucia, 18. La mamma Diana, invece, era morta per una crisi cardiaca qualche anno prima.

“Sono stato un bambino felicissimo”, ha raccontato Modiano alle ragazze e ai ragazzi, fino al 1938, “quando sono stato espulso da scuola”. Da quel momento ha capito che le cose sarebbero peggiorate, “ho subito la deportazione, ho perso la mia famiglia e non ho potuto studiare come voi”, ha spiegato agli studenti nell’aula magna del rettorato.

Modiano ha quindi raccontato di quel 18 luglio 1944, di quando i “capofamiglia sono stati chiamati per un controllo”, e poi del giorno dopo quando sono stati portati in una ex caserma dell’aeronautica, dove sono rimasti fino al 23 luglio.

Quella mattina sono suonate le sirene. “Era un allarme falso per fare andare i cattolici, musulmani e gli ortodossi nei rifugi”, per non permettere di assistere alla deportazione. Iniziava così quello che può essere considerato il viaggio “più lungo intrapreso per portare quasi 2mila persone davanti ai forni e alle camere a gas. Siamo stati presi il 18 luglio a Rodi e il 16 agosto siamo arrivati alla rampa della morte”.

Di quelle settimane Modiano ha ricordato “le carrette” che sarebbero servite per trasportare tutti ad Atene, ancora piene “di escrementi degli animali”, con soli cinque secchi d’acqua per bere.

Dopo una settimana di navigazione, sono stati poi portati su quel “treno della morte” verso Auschwitz. “In alcuni vagoni c’erano fino a 90 persone, con il caldo terribile” di agosto.

Così per 13 giorni, fino al 16 del mese quando una volta scesi dal treno sono arrivati altri tedeschi a dividere gli uomini dalle donne, papà Giacobbe, Sami e Lucia. L’inizio della prima divisione, “l’80 per cento era stato scelto per andare nelle camere a gas e nei forni a nostra insaputa, il 20 per cento doveva mandare avanti l’ingranaggio della fabbrica della morte”.

Modiano ha poi raccontato di quell’incontro con Piero Terracina, sopravvissuto italiano dell’Olocausto, “un’amicizia fraterna nata in un luogo di morte”. Dopo essere stato salvato, “mi sono arrabbiato con me stesso e mi sono chiesto ‘ma perché io?’.

Una domanda che lo ha tormentato per tutta la vita: “vivere dopo quello che ho visto era impossibile”. Ma da quel primo viaggio a Birkenau Sami ha una missione, “ho giurato di andare avanti fino a che Dio mi accompagnerà”, perché non accada mai più.

ANSA

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