Lavoratori migranti:fino a quando dovrà attendere l’umanità più derelitta?
Sono ormai anni che il Presidio di Libera del Vulture Alto-Bradano rivolge alle Istituzioni regionali l’accorato allarme per le condizioni di accoglienza, se così si possono definire, che vengono riservate ai lavoratori migranti nelle aree agricole che si estendono nell’agro di Lavello, Venosa, Montemilone e Palazzo San Gervasio.
Quest’anno si colgono ulteriori elementi di grave preoccupazione per la repentina e tardiva decisione di non riaprire per inagibilità l’ex tabacchificio di Palazzo San Gervasio, ove trovavano riparo fra i 200 e i 300 migranti occupati nel lavoro agricolo dell’area.
Abbiamo atteso nel silenzio che il Prefetto e/o l’Istituzione regionale, di fronte alla palese difficoltà, dopo mesi di disinteresse – tutti quelli che separano la fine della campagna agricola dello scorso anno sino all’avvio di quella corrente – individuassero una possibile soluzione.
Registriamo al momento l’emanazione di un Avviso di indizione di istruttoria pubblica che, nel momento in cui scriviamo, sta andando a scadenza, per cercare di affrontare questa volta con uno sguardo più ampio il fenomeno. L’Avviso si colloca in una operatività che riguarda il prossimo triennio e muove nella direzione di farsi carico sia dell’accoglienza sia dell’integrazione.
Risulta a disposizione oltre un milione di euro per i soggetti che, anche in maniera associata, saranno individuati per co-progettare e realizzare le misure affidate al loro intervento nelle due aree del Metapontino e dell’Alto Bradano. Pur apprezzando lo sforzo nel dare un orizzonte più ampio alla sinora lacunosa programmazione, non possiamo fare a meno di rilevare il grave ritardo con il quale questa misura ha visto la luce. Considerati i tempi per espletare le procedure susseguenti e la stipula dell’auspicata Convenzione con i soggetti prescelti, si giungerà ad agosto inoltrato nel dare operatività alla co-progettazione concordata. Temiamo troppo tardi rispetto all’arrivo dei migranti richiamati dalla maturazione delle colture da raccogliere.
Non sfugge neppure che dette somme saranno rese disponibili a condizione che ci si faccia carico di almeno 250 migranti per l’Alto Bradano, ma di certo non di un numero molto superiore a quello considerato minimo, considerata l’entità dell’ammontare di euro impegnato.
Ciò lascia intendere che l’auspicato buon esito dell’Avviso in parola porrà rimedio alle inadeguate condizioni di vita di un numero di migranti regolari equivalente a quello normalmente ospitato nell’ex tabacchificio, lasciando che altre centinaia di persone continuino ad occupare i casolari inospitali disseminati nel territorio d’interesse, lasciandole facili prede di soggetti inclini all’illegalità.
Non nascondiamo neppure il timore che il grave ritardo accumulato nel promuovere la misura in oggetto, che stando a quanto riportato nell’Avviso avrebbe dovuto coprire già per il 2024 l’arco temporale da luglio ad ottobre, rischi di rendere inevasa la procedura o frettolosamente evasa con conseguente moltiplicarsi di criticità.
Eppure, la presa d’atto della disponibilità delle provvidenze FAMI per gli interventi in parola risulta formalizzata con la DGR del 28 febbraio di quest’anno. Restano inspiegabili le ragioni per cui gli uffici regionali abbiano dovuto attendere il 1° luglio per la pubblicazione dell’Avviso.
Mesi di ritardo che rischiano di mettere in pericolosa difficoltà qualsiasi soggetto del Terzo Settore intenzionato ad avvicinarsi alla co-progettazione, nel soddisfare in così poco tempo uno dei requisiti posti a carico di chiunque voglia farsi promotore di uno schema progettuale: quello di reperire strutture adeguate da destinare all’accoglienza. Come mai sinora nessuno si è posto il problema innanzitutto etico, oltre che di buona amministrazione, nel considerare che esiste un’umanità che non può attendere?
Riteniamo che gli indirizzi della Legge Regionale n. 13 del 2016, citata en passant nella premessa dell’Avviso, vadano recuperati, come già più volte raccomandato e che si faccia chiarezza rispetto agli annunci istituzionali avanzati mesi or sono, che nel giro di pochi anni preannunciavano l’adeguamento e la realizzazione di fabbricati idonei a ospitare dignitosamente nell’agro di Lavello e a Boreano qualche centinaia di migranti, giunti per lavorare le nostre terre.
Nel dispiegarsi di queste vicende resta un “non detto” che diventa sempre più pesante da sopportare, nonostante gli appelli di tenore etico e di rispetto della normativa appositamente emanata, che provengono da più parti.
Per il declassamento di questa emergenza umana hanno già pagato sotto varie forme troppe persone. Vorremmo scongiurare che altre dimensioni di sofferenza e di perdita si aggiungano a quelle sinora patite.