“Dalle origini ai giorni nostri: la storia della festa di San Rocco a Senise”
Uno degli elementi più caratteristici della festa sono i ceri votivi, imponenti costruzioni di legno, carta e cera, portati in equilibrio sulla testa dai fedeli.
Questi ceri rappresentano un’offerta votiva al santo e sono realizzati con grande maestria e devozione.
Ogni cero è un’opera d’arte unica, ricca di simboli e significati, e la loro realizzazione coinvolge intere famiglie e comunità.
Nel corso dei secoli, la festa di San Rocco a Senise si è evoluta, adattandosi ai cambiamenti della società e della religiosità popolare.
Tuttavia, ha sempre mantenuto la sua essenza, legata alla devozione per il santo e alla celebrazione delle tradizioni locali.
Oggi, la festa di San Rocco a Senise è un evento di grande rilevanza non solo per la comunità locale, ma anche per l’intero territorio lucano.
La sfilata dei ceri votivi, la processione, e la sagra sono momenti di forte aggregazione e partecipazione popolare, che attirano visitatori da ogni parte.
La festa rappresenta un elemento fondamentale dell’identità culturale di Senise, tramandata di generazione in generazione. La festa è un momento di incontro e di scambio, che rafforza il senso di comunità.
Il 15 agosto la festa si svolge nella parte alta del paese in concomitanza con la festività dell’Assunta e con la messa in piazza in Viale Alcide De Gasperi .
Il 16 agosto è il giorno della Festa di San Rocco da Montpelier. Nella parte bassa del paese sfila la statua del santo preceduto dai ceri votivi e dal tradizionale Palo di San Rocco, portato in equilibrio da giovani senisesi, tradizione che ispirò un celebre quadro di Luigi Guerricchio .
La festa si conclude con con il concerto del 17 agosto e il tradizionale spettacolo di fuochi pirotecnici.
VITA DI SAN ROCCO
Di questo Santo, che fu uno dei più illustri del secolo XIV e uno dei più cari a tutta la cristianità, si hanno poche notizie. Oriundo di Montpellier (Francia), della sua giovinezza si narrano cose meravigliose.
Ventenne, rimasto privo del padre e della madre, distribuì parte dei suoi beni ai poveri e parte li donò ad uno zio paterno. Quindi, vestitosi da pellegrino, si avviò elemosinando alla volta di Roma, per visitare il centro del Cristianesimo, sede della verità e della civiltà, e per vedere il Pastore Supremo dei popoli e delle nazioni, il Papa.
Nell’attraversare le contrade della nostra bella Italia, seppe che la peste faceva strage in parecchie parti della penisola. Ed ecco S. Rocco nel genovesato, in Toscana, a Cesena, a Rimini e specialmente ad Acquapendente farsi consolatore dei poveri ammalati ed operare prodigi di cristiana carità. Fu salutato ovunque quale salvatore, ed in Roma il suo nome risuonò in benedizione. Ma egli schivava la lode e per evitarla, poco dopo aver soddisfatta la sua pietà, lasciò la Città Eterna e si portò a Piacenza, dove infieriva allora il morbo fatale.
Qui il suo apostolato ebbe del meraviglioso, dell’eroico, del sovrumano, e Dio lo benedisse talmente, che gli bastava alle volte un segno di croce per rendere la sanità anche, a molti. Ma infine anch’egli fu attaccato dalla peste: per non essere di peso a nessuno si ritirò in un antro fuori della città, dove, consumato da febbre, soffrì dolori indicibili.
La Divina Provvidenza però (come già un giorno al grande Anacoreta della Tebaide), quotidianamente gli inviava un pane per mezzo di un cane.
Guarito per grazia di Dio e per l’aiuto datogli da un pio signore, che sulle orme del cane aveva rintracciato il povero sofferente, Rocco lasciò Piacenza e si ritirò in Francia.
Quivi, creduto una spia, connivente lo stesso suo zio, a cui aveva lasciato parte dei suoi beni, fu messo in prigione. Passò quindi i suoi ultimi anni sconosciuto.
Alla sua morte, avvenuta come si ritiene il 16 agosto 1378, furono udite voci di fanciulli che gridavano: È morto il Santo! E le campane suonarono a festa da sole. S. Rocco era passato a ricevere il premio delle sue fatiche e delle sue opere buone.
Si seppe la storia della sua santa vita da uno scritto da lui lasciato all’edificazione dei posteri, ma più di tutto la sua santità ci fu resa nota dagli innumerevoli miracoli che la Provvidenza operò sulla sua tomba gloriosa. La devozione a S. Rocco è universale ed è invocato contro le malattie contagiose.
ICONOGRAFIA
Nell’iconografia San Rocco spicca sicuramente per gli attributi inconfondibili che sottolineano la sua vita di apostolato tra i malati. Fra gli attributi più importanti vi è sicuramente il cane che fu per il Taumaturgo il segno tangibile della Divina Provvidenza che lo soccorse nelle condizioni di bisogno estremo. È simbolo della sua fedeltà alla chiamata divina.
La conchiglia ricorda il pellegrinaggio a Santiago, ogni pellegrino che si recava in Galizia prelevava la conchiglia dalle spiagge, come segno dell’avvenuto pellegrinaggio. È simbolo della perseveranza: la vita di fede è per il discepolo è un cammino di fedeltà rinnovabile nelle cadute.
La piaga ricorda il morbo della peste che il Santo contrasse nei pressi di Piacenza. È simbolo della carità cristiana.
L’Angelo Celeste è l’anello che congiunge l’esperienza terrena del Santo alla presenza Divina che infonde coraggio, specie nei momenti di sofferenza solitarie e di umana ingratitudine. È simbolo della presenza Divina, che accompagna i passi del quotidiano
Il bastone richiama i lunghissimi cammini del pellegrino, con cui esercitò la carità in maniera insigne ed eroica, lenendo piaghe fisiche e morali, asciugando lacrime e consolando gli afflitti. È simbolo del pellegrinaggio della vita, un cammino verso l’Eterno
La “Croce rossa”, presente in poche riproduzioni, ricorda la voglia a forma di croce che aveva sul petto fin dalla nascita. È simbolo della predilezione divina ad essere Apostolo di Carità.
Il pane fu il sostegno nella famosa pausa a Piacenza, dove il Santo si isolò perché malato. Un cane gli portava l’alimento, prelevandolo dalla mensa del suo padrone Gottardo. È il simbolo dell’Eucarestia, sostegno nel cammino della vita.
La zucca o borraccia richiama ancora una volta il pellegrinaggio, custodiva l’acqua per lenire l’arsura nel cammino. È simbolo della sete del divino che c’è in ogni uomo.
Il sanrocchino è sempre un abito legato al pellegrinaggio, mantello corto di tela, che serviva a proteggere dalle intemperie. È simbolo della protezione divina e del senso della come pellegrinaggio verso l’Eterno.
La tavoletta fa memoria della scena agiografica in cui si racconta della grazia chiesta nel momento della morte da San Rocco: Il Signore accoglie la preghiera sincera dei suoi figli: Rocco anche in morte si mostra uomo di Carità. È simbolo della comunione dei Santi e quindi della preghiera di intercessione.
La Corona del Rosario che compare poche volte ricorda la sua vita di preghiera del Rosario che nasce proprio nel periodo storico in cui visse Rocco di Montpellier. È simbolo dell’orazione cristiana semplice e quotidiana.