Festivalfilosofia, il narcisismo male dei nostri tempi
Un’opera del polacco Pawel Kuczynski riprende il Narciso del mito dipinto da Caravaggio e non lo fa più riflettere in uno specchio d’acqua ma nello schermo di grande smartphone.
Lo cita Vittorio Lingiardi, psicanalista e docente di Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma, nella sua lezione su quella che pare sia una delle caratteristiche e delle afflizioni personali del nostro tempo.
Si tratta del narcisismo e in un Festivalfilosofia che ha per tema Psiche e ha visto molti interventi su ruolo, storia, illusioni e cure della psicanalisi, è emerso in molti interventi, spesso, ma non solo, legato all’uso dei social.
”Si parla molto di salute mentale ma si indaga poco su quanto questa sia condizionata dalla contemporaneità, dalla società dell’autonomia generalizzata”, come la chiama Alain Erenberg, direttore del laboratorio di ricerca medica, scienza e salute dell’Università Paris-Cité.
E spiega che ”Gli incessanti ritmi di oggi con le loro esigenze plasmano non solo le nostre vite ma anche le nostre menti e il disagio psichico diventa una conseguenza fisiologica a un mondo sempre più competitivo e individualista”.
Anche Massimiliano Panerai, docente di Sociologia della comunicazione all’università di Modena e Reggio, parte dalla continua accelerazione, in economia come nei rapporti sociali, per parlare del ”disagio del veloce fluttuare delle emozioni più contrastanti”.
Stefano Micali, professore di Fenomenologia e antropologia filosofica all’Università di Lovanio, mette quindi la lente ”sull’idea di ottimizzazione, che cambia il nostro rapporto col tempo ed è una continua spinta senza fine a far di più che genera spesso angoscia, sul lavoro e la vita quotidiana”.
Questo vale – aggiunge – anche nell’uso dei social dove esiste ”l’ansia da selfie, l’ansia dal non essere abbastanza visibili, che sviluppa tendenze narcisistiche in cui gli altri non sono più considerati individui ma pubblico che esiste solo nel momento in cui c’è.
Il narcisista ha difficoltà di rapporti veri con l’altro e, quando questo non è presente, scompare”.
Non a caso un recente libro edito da Mimesis di Daniela Carmosino, insegnante di Letterature comparate alla università della Campania, si intitola ”Da Narciso a narcisista passando per Dracula”, che non a caso si nutre del sangue degli altri e usa modalità di relazioni narcisistiche, dalla seduzione ipnotica alla fusionalità e indaga l’atteggiamento tra psicanalisi, narrativa, cinema e tv.
Per Lingiardi il narcisismo contiene molti mondi, appartiene al mito, alla psicanalisi, alla psichiatria, alla cultura sociale, ”è un arcipelago con al centro il narcisismo sano, quello consapevole che spinge a fra meglio senza eccessi e è in rapporto reale con gli altri e è capace di gratitudine, un sentimento che nel narcisista più problematico è assente”.
Per lo studioso, il narcisista patologico è invece una persona pericolosa che opera sul piano della prepotenza e del dominio e può arrivare a comportamenti psicopatici nella sua tendenza paranoica a manipolare gli altri.
Le forme cliniche più rilevanti le chiama psicanaliticamente a Pelle spessa e a Pelle sottile che, semplificando, portano al complesso di superiorità nel primo a quello di inferiorità nel secondo.
Il primo ha un’immagine eccessivamente positiva di sé con assenza di empatia e svalutazione degli altri, mentre il secondo ha un’immagine negativa di sé, si sente vulnerabile, sempre a indagare il giudizio altrui e bisognoso di approvazioni.
Parlando poi in generale Lingiardi dice di osservare oggi ”una rilevante trasformazione e mistificazione narcisistica nel modo intendere le relazioni sociali, il corpo, la politica” a dimostrazione che il narcisismo è un fenomeno in crescita di questi tempi, come dimostrano le dichiarazioni dei terapeuti sui propri pazienti, ma anche le notizie di cronaca, sia rosa che nera, sia di media che di politica, guardando alle problematiche legate alla proposizione e realizzazione di sé. Il che riporta anche all’uso e la funzione oggi dei social.
Forse allora ha ragione Massimo Recalcati, psicanalista e docente di Psicanalisi allo Iulm di Milano, quando definisce il nostro tempo come quello dell’uomo senza inconscio, ovvero senza desiderio, smarrito in un godimento che non si apre alla vita, ma si chiude sempre di più in una sorta di autismo.
Questo perché l’autorità non ha più valore, il totalitarismo non passa per la repressione ma deriva dall’affermarsi di una sorta di libertà senza limiti, di un falso permissivismo, di un culto degli oggetti, delle merci e tale è diventato anche l’uso del corpo, idolatrato.
ANSA