CULTURA E EVENTI

Filarmonica Romana, C’era una volta Cenerentola apre la danza

Coreografia di Fabrizio Monteverde 10 ottobre al Teatro Olimpico

La prima nazionale della coreografia ”C’era una volta Cenerentola” di Fabrizio Monteverde apre il 10 ottobre al Teatro Olimpico la stagione della danza della Filarmonica Romana.

Si rinnova la collaborazione dell’ Accademia con il Balletto di Roma che con quattro repliche fino al 13 ottobre riprende in un nuovo allestimento una delle sue produzioni di maggior successo.

Fabrizio Monteverde, che firma anche le scene, libera la favola dagli elementi più noti, conosciuti attraverso i balletti di repertorio e la filmografia, e crea una danza sulla musica barocca di Georg Friedrich Händel, alla quale bastano pochi tratti di riferimento per proiettarsi in temi d’attualità.

I costumi sono di Santi Rinciari, light designer Emanuele De Maria. Nel ruolo della protagonista la giovanissima Marisol Castellanos, classe 2006, cubana di origine ma italiana di Biella, volto noto della tv, finalista nell’ultima edizione del talent “Amici 2023”, nel quale ha vinto il circuito “danza” e il Premio della Critica.

Accanto a lei danzano nei ruoli principali Nicola Barbarossa (Principe), Paolo Barbonaglia (Matrigna), Roberta De Simone e Ainhoa Segrera García (le sorellastre).

La storia di Cenerentola, secondo Monteverde, è apparentemente semplice: rivalità tra sorelle, desideri inespressi che finalmente si realizzano, la virtù premiata anche se vestita di stracci, la punizione per i malvagi e gli sfruttatori.

In realtà sotto questa superficie si nascondono sentimenti inconsci, che tracciano il percorso di crescita e di sviluppo della personalità, fino alla piena realizzazione.

È una fiaba che continua a parlare di adolescenza, della fatica di crescere specialmente per chi è ai margini, delle prove da superare per raggiungere l’autonomia, ma soprattutto del ruolo effimero dell’immagine esteriore, come parametro considerato ieri come oggi fondamentale per potersi affermare nella vita e nelle relazioni sociali.

Nel linguaggio del coreografo c’è richiamo all’ingiustizia, voglia di emancipazione e insieme quell’umiltà destinata a durare per sempre: in tutto lo spettacolo traspare la convinzione che questi valori possano esplodere ed esprimersi in sentimenti puri e folli come l’amore e la felicità.

ANSA

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