Trump a Mar-a-Lago prepara il piano dei 100 giorni Stretta anti migranti e dazi i primi provvedimenti da presidente
Stop alle guerre in Ucraina, lotta all’immigrazione clandestina, nuovi dazi commerciali, taglio delle tasse, porte aperte per le trivellazioni e crociata anti woke: sono le promesse principali che Donald Trump intende rispettare nei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca per avviare la sua “nuova età dell’oro”.
Firmando qualche provvedimento altamente significativo nel primo giorno del suo insediamento il 20 gennaio, quello in cui vorrebbe fare “il dittatore almeno per un giorno”, come aveva detto in un’intervista.
Il tycoon, che dopo la sua vittoria sta ricevendo a Mar-a-Lago le telefonate di congratulazioni dei leader mondiali, ha promesso in campagna elettorale di riportare la pace in Ucraina e in Medio Oriente in 24 ore.
Ieri si è già sentito con Volodymr Zelensky, mentre Vladimir Putin lo aspetta al varco per valutare le sue reali intenzioni.
Dalle indiscrezioni trapelate finora, intende congelare il conflitto, tenendo Kiev fuori dalla Nato ma conservando l’integrità territoriale del Paese, con regioni autonome su ogni lato di una zona demilitarizzata, lasciando all’Europa i meccanismi di attuazione dell’accordo e i fondi per la ricostruzione.
In Medio Oriente pieno sostegno a Israele ma ha chiesto a Benyamin Netanyahu di mettere fine alla guerra prima del suo giuramento. Poi punterà sull’allargamento dei suoi ‘accordi di Abramo’, a partire da quello con l’Arabia Saudita. Da vedere cosa ha in serbo per Gaza e Cisgiordania, dove in passato prevedeva un maggior controllo di Israele sui palestinesi, pur promettendo 50 miliardi di dollari di investimenti internazionali per sostenere la loro economia. nMentre la soluzione dei due Stati dovrebbe rimanere in soffitta.
Poi pugno di ferro sull’Iran, continuazione del flirt con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un e sfida (commerciale) alla Cina, su cui c’è un ampio consenso bipartisan. Sulla Nato pretenderà un aumento delle spese, probabilmente sopra il 2% del Pil chiesto finora, con la minaccia di non proteggere chi non paga.
Sul piano commerciale ha minacciato una nuova e più ampia guerra dei dazi per proteggere industrie e posti di lavoro americani: una tariffa generalizzata tra il 10% e il 20% su tutti i 3.000 miliardi di dollari di importazioni di beni e una tariffa del 60% su tutti i beni cinesi, probabilmente invocando l’International Emergency Economic Powers Act.
Minaccia di dazi al Messico anche per costringerlo a chiudere il flusso migratorio. Sul fronte interno ha infatti promesso di sigillare il confine col vicino meridionale, la più grande deportazione di massa della storia americana (con lo spettro di una vera e propria caccia al clandestino in tutto il Paese), la fine delle città santuario dem, il ripristino della politica ‘Remain in Mexico’ e del suo controverso ‘muslim ban’. Proseguirà anche la costruzione del muro.
In economia Trump intende rendere permanente il suo taglio delle tasse del 2017, che scade nel 2025, proponendo al contempo nuovi tagli di vasta portata, dalla detassazione di mance e straordinari alla possibilità di dedurre gli interessi sui prestiti per l’acquisto di un’auto.
Da vedere se e come il Congresso troverà i fondi. In vista anche uno stop al Green New Deal e un’ampia deregulation (ispirata e coordinata da Elon Musk) a favore delle aziende, a partire dal settore energetico (“drill, baby, drill”). Si tornerà quindi a trivellare ed estrarre petrolio e gas ai livelli pre amministrazione Biden.
Atteso anche uno stop agli incentivi per lo sviluppo del mercato delle auto elettriche. Infine, una crociata anti woke e anti transgender nelle scuole, nello sport e nell’esercito.
ANSA